Durante un'intervista al quotidiano online The Hill, il presidente statunitense Donald Trump ha usato parole durissime per criticare la decisione dell'allora inquilino della Casa Bianca George W. Bush di invadere Iraq e Afghanistan, arrivando a definirla il peggior errore della storia statunitense. I costi dell'intervento nei due paesi ammonterebbero, secondo Trump, a 7 trilioni di dollari, oltre alla distruzione di milioni di vite umane. Queste cifre non collimano assolutamente con quelle fornite dal Pentagono, secondo i cui conti gli Usa avrebbero speso tra il 2001 e il 2018, per tutte le operazioni militari in Afghanistan, Siria ed Iraq la cifra pur sempre impressionante, ma enormemente più bassa, di 1520 miliardi di dollari.

Trump non risparmia critiche neppure a Barack Obama, cui rimprovera l'eccessiva fretta di ritirare l'esercito americano dal territorio iracheno, divenuto poi fertile per l'espansione di vari gruppi terroristici, Isis in testa.

Iraq, la fine dell'equilibrio Iran-Usa

Proprio la Politica di equilibrio tra Iran e Usa, nata sotto la presidenza Obama per favorire l'accordo sul nucleare tra i due Paesi e per far fronte comune contro l'Isis, sembra esser giunta al capolinea in questa calda estate post-elettorale irachena. Il rigetto dell'accordo sul nucleare da parte di Trump e la percezione che il pericolo Isis sia quasi tramontato sono probabilmente i fattori alla base della virata verso l'Iran della politica irachena.

Un primo segnale in questo senso era venuto qualche giorno fa, quando dalle complicate trattative per la formazione del governo iracheno (che durano dal 12 Maggio) si era sfilato l'ex premier al Abadi, di cui gli Usa sponsorizzazvano apertamente un secondo mandato.

Dopo l'uscita di scena di al Abadi, è stato il suo ex-alleato (ma anche storico oppositore degli Usa) Moqtada al Sadr a diventare protagonista dell'accordo che ha portato all'elezione a speaker del parlamento di Baghdad dello sciita e filo-iraniano Mohammed al Halbusi.

Iraq, il vento nuovo soffia da Bassora

Moqtada al Sadr è una figura centrale in Iraq fin dall'invasione americana del 2003. Da predicatore incendiario e signore della guerra sciita nella Baghdad del primo dopoguerra, si è poi riconvertito in abile politico populista, vicino ma non succube all'Iran. Durante l'ultima estate, ha abilmente cavalcato l'ondata di proteste scoppiate nella città di Bassora, causate dall'assenza di acqua potabile ed elettricità, con violente manifestazioni contro l'ingerenza straniera in Iraq (pochi giorni fa è stato anche attaccato il consolato statunitense).

Dopo aver condannato l'uso della violenza da parte delle forze dell'ordine contro i manifestanti a Bassora, al Sadr ha favorito un dialogo tra il proprio movimento politico e l'alleanza di gruppi filo-iraniani Fatah, con lo scopo di mutare gli equilibri di potere a livello centrale: proprio da questo dialogo è nata l'elezione a speaker del parlamento di al Halbusi, di cui si diceva sopra. Quanto ciò aumenterà l'influenza dell'Iran, ora fortemente impegnata nel teatro di guerra siriano, nel Paese è da vedere, ma una cosa appare chiara: si tratta di uno schiaffo colossale agli Usa di Donald Trump.