Alla fine il tanto discusso servizio delle Iene su Tiziano Renzi, firmato da Filippo Roma, è andato in onda regolarmente nella puntata di martedì 11 dicembre. Nei giorni scorsi il M5S aveva denunciato una sorta di auto censura praticata dal programma di Italia 1, dopo aver ricevuto una diffida dal babbo di Matteo Renzi. Così fortunatamente non è stato, anche se la vicenda del presunto impiego di lavoratori in nero (anche clandestini) e dell’abusivismo edilizio, riscontrati da Roma, da fatto serio e degno di sdegno, alla fine del servizio si è praticamente trasformata in una ridicola farsa destinata a finire a tarallucci e vino.

I Renzi, infatti, dopo aver minacciato querele e scansato l’accostamento con Antonio Di Maio, padre di Luigi, di fronte alla documentata inchiesta delle Iene l’hanno presa a ridere, cercando così di far calare un velo pietoso sui loro affari.

Il presunto lavoro nero nelle società di babbo Renzi

Per scoperchiare i segreti inconfessabili di Tiziano Renzi, l’inviato delle Iene, Filippo Roma, si fa aiutare dal giornalista di Panorama Antonio Rossitto, il quale dichiara che le società del babbo di Matteo negli anni hanno “subito una serie di condanne” dal Tribunale del Lavoro per non aver pagato contributi, lavoro irregolare e differenze dal punto di vista retributivo. La prima sentenza mostrata durante il servizio risale all’anno 2000, quando l’Inps commina due multe (da 1 milione di lire e da 35 milioni di lire), perché la società Arturo srl di Renzi senior, che si occupava di “strillonaggio” a Firenze, avrebbe assoldato irregolarmente dei ragazzi per distribuire il quotidiano locale La Nazione.

I casi dei nigeriani pagati in nero e licenziati ingiustamente

Nel 2009, infatti, la Arturo viene condannata a risarcire con 90mila euro un lavoratore nigeriano, tale Omogui, che aveva fatto causa per licenziamento illegittimo. Intervistato da Roma, Omogui conferma che il Tribunale gli ha dato ragione, ma lancia un appello ai Renzi perché, di quei 90mila euro, una fortuna per lui, non ne ha visto nemmeno uno finora.

Un altro nigeriano, invece, Alari Monday, conferma di aver anche lui vinto la causa e di assere creditore di Tiziano Renzi di altri 15mila euro, ma anche di essere sempre stato impiegato senza alcun contratto, quindi in nero, perché irregolare. Ma anche un altro ex lavoratore, stavolta italiano, Andrea Santoni, conferma che lo scambio di soldi e giornali con entrambi i Renzi avveniva sempre cash.

Strutture abusive: forse sono 6

Per quanto riguarda i presunti abusi edilizi, invece, Rossitto e Roma tirano fuori dei verbali del febbraio 2002, quando due vigili urbani del Comune di Rignano, dove risiedono i Renzi, recatisi nella sede della società Cir, riscontrarono la presenza di ben 6 strutture ritenute abusive: due tensostrutture, due tettoie in lamiera, un capannone con struttura in ferro, un piccolo locale in cemento armato. Strutture abusive che, come dimostrano le immagini dall’alto che Roma è riuscito a procurarsi, in alcuni casi risultavano ancora presenti fino a quando Le Iene non hanno scoperto tutto. A queste contestazioni Tiziano Renzi prova a rispondere prima in maniera decisa e, naturalmente, auto assolutoria.

Ma, dopo qualche minuto, incalzato dalle prove fornite dalla Iena, decide di buttarla sullo scherzo. Stesso atteggiamento tenuto dal figlio Matteo, prima duro (“Accostamento tra mio padre e quello di Di Maio è una ca**ata”), ma anche lui ammorbidito da sentenze di Tribunale e fotografie inequivocabili.