Nei giorni scorsi, i tentativi del primo ministro britannico Theresa May di rinegoziare con gli altri leader europei i termini della Brexit non hanno dato alcun frutto. Come riportato dal quotidiano “Repubblica”, il presidente del Consiglio Europeo Tusk si era addirittura chiesto quale fosse "il posto all'inferno per chi ha promosso la Brexit senza uno straccio di piano per portarla a compimento".

Lo scenario

L’Unione Europea non sembrerebbe, dunque, disposta a riaprire le trattative ed una no-deal Brexit si profila ormai come un’ipotesi sempre più probabile.

Per evitarla, nel Parlamento britannico si stanno facendo più accese le discussioni di partito sul contenzioso del backstop, un piano provvisorio che regolerebbe le relazioni fra UE e UK fintanto che non venisse approvata una strategia definitiva. Ciò permetterebbe di evitare l’implementazione di dogane fisiche tra il territorio britannico e quello europeo, in particolare nella “zona calda” tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, dove, al di là delle implicazioni economiche, la presenza di una frontiera fisica riaccenderebbe recenti tensioni storiche tutt’altro che sopite.

E se da una parte la May rassicura le imprese che il governo britannico manterrà una frontiera aperta tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, dall’altro le grandi compagnie industriali presenti nel Regno Unito stanno accumulando scorte dei loro prodotti sul territorio per paura di dazi imminenti.

La corsa allo stoccaggio delle merci

Secondo il “The Guardian”, il rischio che le merci vengano bloccate alla dogana, nell’eventualità di un mancato accordo, sta infatti portando i grandi marchi manifatturieri ad una corsa allo stoccaggio. È il caso, per esempio, di aziende del calibro di Honda, che sta inviando un’ingente quantità di veicoli dal Giappone al Regno Unito.

Anche Jaguar Land Rover e Siemens UK, in vista del fatidico 29 marzo - scadenza ufficiale della Brexit - stanno incrementando le riserve di componenti industriali e ferroviarie o di prodotti finiti. Unilever starebbe a sua volta immagazzinando gelati Magnum, mentre Tesco e Marks & Spencer cibo in scatola.

Non si era mai registrata prima in un’economia avanzata una tale frenesia preventiva, sintomo dell’incertezza che si respira in una transizione che apre orizzonti ancora sconosciuti e la cui portata è, per il momento, difficile da prevedere appieno.