Governo Conte al capolinea? Ancora presto per dirlo, ma certamente essere ottimisti o negare l'evidenza somiglia tanto al gesto dello struzzo di nascondere la testa sotto la sabbia. Nella sabbia in questione, però, le figure di spicco dell'esecutivo sembrano più impegnate a dissotterrare l'ascia da guerra. In Consiglio dei ministri il clima si è fatto incandescente e tra il premier Giuseppe Conte ed il suo vice in quota Lega, Matteo Salvini, si è arrivati allo scontro a muso duro. Il presidente del Consiglio ha sottolineato al ministro dell'Interno le 'criticità' relative al decreto sicurezza bis che sono state rilevate dal Capo dello Stato.
Per tutta risposta, Salvini gli ha chiesto in maniera diretta di elencarle. Criticità o meno, le eventuali osservazioni di Sergio Mattarella fanno eco a quelle delle Nazioni Unite e per la Lega diventa difficile portare a casa in un clima sereno il suo ennesimo cavallo di battaglia che, tradotto sulla scacchiera, sa tanto di 'mossa del cavallo' elettorale. Quanto al clima sereno, sembra ormai un lontano ricordo del 'come eravamo', perché dal caso Siri in poi sono stati sguainati i lunghi coltelli.
Da Giorgetti a Di Maio, passando per Papa Francesco
Resa dei conti? Prove tecniche di campagna elettorale all'ultimo respiro? O, semplicemente, punto di non ritorno? Ai posteri l'ardua sentenza, nemmeno tanto posteri visto che il risultato del voto italiano per l'Europarlamento del 26 maggio potrebbe dar luogo a scenari imprevedibili o, forse, fin troppo previsti.
Intanto c'è da registrare l'attacco all'arma bianca di Giancarlo Giorgetti nei confronti di Conte che, secondo il sottosegretario leghista non sarebbe superpartes. Conte incassa, ma non può replicare al diretto interessato perché Giorgetti diserta il Cdm. "Prima ci attacca e poi non si presenta", è il leitmotiv del M5S. Arrivano timidi e poco convinti segnali di distensione, da Giorgetti che definisce il tutto "tempesta in un bicchiere d'acqua" a Conte che ripete un poco convinto "andiamo avanti".
Alla fine in questi giorni l'unica destinazione plausibile del governo sembra un muro di granito, scolpito dalle parole dure di Luigi Di Maio che accusa la Lega di aver perso la testa dopo il caso Siri e ne denuncia la pochezza di argomentazioni politiche: "Si parla solo di migranti - ha detto il leader pentastellato - e poi non si fischia Papa Francesco in una pubblica piazza".
Salvini si piega, ma non si spezza e sottolinea di "voler lasciare ad altri le parole" (lui è l'uomo dei fatti, almeno in teoria) e conferma la fiducia nel premier, facendo appello alla sua consumata ironia. "Posso chiedere l'aiuto di Maria o qualcuno si offende?". Non ha il Rosario alla mano, peccato.
Le bordate a Cinque Stelle
Intanto dagli accampamenti pentastellati si continua a dire "andiamo avanti". Chissà se il caro, vecchio adagio sarà ancora di moda il prossimo 27 maggio. Di certo non ci sono i 'bacioni' tanto cari a Salvini, anzi. Manlio Di Stefano accusa addirittura il segretario di Carroccio di stare facendo il 'parac...' relativamente alla questione migranti, mentre la ministra Erika Stefani della Lega accusa la controparte di "andare a caccia di alibi" e viene invitata a "far meglio i compiti a casa".
Quando si arriva al Cdm, Salvini ha una sola missione: portare a casa il decreto sicurezza bis in barba alle osservazioni del Presidente della Repubblica e del segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres. Del resto è l'unica 'sicurezza' ormai rimasta all'interno dell'esecutivo, termine che a Palazzo Chigi non è più in trending list da un bel pezzo.