Perennemente tra due fuochi, sempre tirato in ballo tanto dal capo politico del neo partito Italia Viva, Matteo Renzi, quanto dal leader del Carroccio, Matteo Salvini, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte non sta attraversando delle ore facili e serene. Non da ultimo viene ad aggiungersi la questione Russiagate, diventata una faccenda politica finita in un tunnel di polemiche e contestazioni.

L'appuntamento del 9 ottobre

Prevista nella giornata del 9 ottobre prossimo la prima riunione del Copasir, il comitato bicamerale di controllo sui servizi segreti, convocata per il eleggere il presidente successore del democratico Lorenzo Guerini, che attualmente ricopre il ruolo di Ministro della Difesa nell'esecutivo a guida Partito Democratico-Movimento Cinque Stelle.

Una riunione che anticipa l'audizione di Giuseppe Conte, il quale a riguardo si è già pronunciato. Quando si parla di Russiagate, taluni soggetti lo paragonano al caso Abu Omar; una comparazione che di fatto non ha alcuna ragione d'essere, poiché non vi sono sequestri di persona né tantomeno attività di contrasto al terrorismo internazionale.

Esiste un solo dato importante e proprio quel dato deve essere dettagliatamente verificato e abbondantemente chiarificato. Si tratta, nella fattispecie, di constatare se ci sia stata una certa "ortodossia", sia da un punto di vista tecnico che da una prospettiva politica, tra i nostri servizi segreti e alcuni vertici dell'intelligence statunitense. E se per Conte non vi è alcun dubbio che sia così, i suoi avversarsi politici hanno un'opinione palesemente contrapposta.

Le accuse all'intelligence italiana

Tutto comincia all'epoca delle elezioni presidenziali in America del 2016, che hanno visto la vittoria dell'attuale presidente Donald Trump, il quale parla - come riporta il Sole 24 ore - di un complotto dei servizi segreti di alcuni Paesi alleati per far emergere un presunto sostegno dei Russi alla campagna per l'elezione del presidente repubblicano.

Tra le varie intelligence sotto accuse spicca quella italiana, i cui vertici erano in quel 2016 sotto la guida di un Governo vicino alle posizioni democratiche di Barack Obama e Hillary Clinton, personaggi a cui sia Matteo Renzi sia Paolo Gentiloni (allora Ministro degli Esteri) esprimevano tutta la loro vicinanza.

Eppure dire che l'intelligence italiana abbia tentato di mettere i bastoni tra le ruote a Donald Trump durante la sua corsa alla Casa Bianca, tenendo conto solamente e semplicemente di questa vicinanza politica del Governo italiano di allora nei confronti dei democratici statunitensi, vuol dire effettuare un passo più lungo della gamba e trarre una conclusione fallace.

"Sono testimone - afferma Renzi - che sono fregnacce quelle di chi vuole collegare Obama a questa storia, ma è evidente che questa ipotesi è una farsa".

Le accuse partono dal passaggio nel territorio italiano di Josef Mifsud, un professore di Malta che lavorava per la Link University di Roma, il quale avrebbe detto a George Papadopulos, ex consulentedi Trump, di essere in possesso di materiale compromettente a danno dei democratici. Per Donald Trump l'accaduto ha il solo fine di scuotere le fondamenta delle elezioni del prossimo anno.

L'affondo di Matteo Renzi

Nel frattempo alcuni giornali americani raccontano di un incontro, avvenuto durante la stagione estiva nel nostro Paese, dei vertici dell'intelligence italiana con il Ministro della Giustizia americano, William Barr. E qui entra in gioco Matteo Renzi, il quale spinge affinché il Presidente del Consiglio chiarisca tutto al Copasir riguardo l'incontro segreto sopra citato.