Vittorio Feltri entra nel merito della questione coronavirus. Lo fa con un editoriale apparso su 'Libero', in cui si rende protagonista di un vero e proprio endorsement nei confronti della popolazione cinese. Il giornalista narra aneddoti, anche tratti dalla propria sfera personale, mirati ad elogiare la laboriosità del popolo asiatico e la loro metodologia di applicazione nelle attività che svolgono. Si tratta di esempi citati che servono a certificare la fiducia che il giornalista nutre nei confronti della Cina sulla possibilità che affronti al meglio il problema coronavirus.

Feltri non ha mai visto un cinese chiedere l'elemosina

In un periodo in cui esiste il rischio che la popolazione cinese possa essere emarginata e tacciata di essere un covo di untori, Vittorio Feltri manifesta tutta la sua simpatia per per chi sia originario del grande paese asiatico. Li elogia, infatti, per essere "lavoratori indefessi, studiosi accaniti e dotati di una volontà di ferro". A suo avviso sarebbero questi i presupposti che giustificherebbero il fatto che mai o quasi sarebbero stati oggetti di episodi di razzismo. Il giornalista si pone anche un interrogativo provocatorio: "Mi domando - ha scritto Vittorio Feltri - perché gli africani, in linea di massima, non vengano accolti con tanta cordialità nel nostro Paese.

E una risposta c'è. Non ho mai visto un giallo bighellonare per strada e chiedere l'elemosina".

Il giornalista racconta come nella sua Bergamo alcune persone provenienti da Pechino siano riuscite a ridare slancio ad un bar che era prossimo al fallimento. Oggi è sempre aperto ed è molto apprezzato per la gestione condita dalla gentilezza orientale, priva di quelle che, secondo il direttore, sarebbero le maniere brusche bergamasche.

Feltri racconta di quando assunse una giornalista cinese

L'intento di Vittorio Feltri è manifestare un pensiero secondo cui i cinesi avrebbero l'humus giusto per risolvere in maniera tempestiva il problema coronavirus. "Sarà presto sanato". Un pensiero che, tra l'altro, nasce anche per un'esperienza diretta del giornalista. Racconta, infatti, di quando Forattini gli propose una collaboratrice cinese per il suo giornale.

Questo, naturalmente, fece storcere il naso a Feltri. Tuttavia, dopo averle chiesto di scrivere un pezzo sulla scuola primaria in Asia, si accorse che l'articolo prodotto era distribuito in tre fogli dattilografati che lo lasciarono sconcertato. "Erano - rivela - vergati da Dio, prosa limpida". Feltri decise di assumerla e si lasciò andare ad una considerazione: 'Hanno vinto loro, i cinesi sono più intelligenti di noi".