"La compressione di un diritto di libertà va circoscritta nel tempo". Questo, in sintesi, il parere di Annibale Marini (presidente emerito della Corte Costituzionale) che all'AdnKronos si è espresso sui dubbi relativi alla legittimità e alla presunta incostituzionalità dei Dpcm emanati dal Governo Conte in questi mesi di emergenza sanitaria.

Il parere del presidente emerito della Corte Costituzionale sul Dpcm

Marini ha spiegato che, anche se il Governo avesse considerato sufficiente il riferimento ad un decreto legge per varare un Dpcm - come avviene quando ci sono degli interventi urgenti che possono temporaneamente limitare alcune libertà - avrebbe dovuto stabilire i "termini finali differenziati" ad ogni provvedimento volto alla sospensione dei diritti di libertà.

L'ex presidente della Corte Costituzionale, proseguendo nel suo ragionamento, ha sottolineato che l'attuale Governo non ha effettuato quest'operazione. Dunque, a suo parere, nel Dpcm firmato dal Presidente del Consiglio vi è un "vizio nel fondamento costituzionale" di quest'atto, riscontrandone anche delle imperfezioni nel contenuto.

'La fissazione del termine non andava definita nel suo complesso'

Il giurista calabrese ha dapprima sottolineato che secondo lui persistono delle perplessità sulla legittimità di questi Dpcm. Tornando poi sulla questione della "scadenza", ha detto che non è bastato fissarla con il decreto legge che ha sancito il 31 gennaio lo stato di emergenza fino al 30 luglio. Infatti, Marini ha ancora una volta ricordato che questi termini temporali non devono essere complessivi, ma vanno correlati alle "singole limitazioni".

Tutto ciò non si è verificato nei provvedimenti del Governo Conte e, secondo l'ex presidente della Corte Costituzionale, non risulta adeguato parlare genericamente di termine al 30 luglio soprattutto quando si tratta di disposizioni di tale "gravità e complessità".

'Il Dpcm è incostituzionale dove non prevede un termine'

Annibale Marini, nella parte finale della sua intervista all'AdnKronos, ha dichiarato che, volendo pure salvare la legittimità del Dpcm, questo comunque è da considerarsi incostituzionale: "Lì dove non prevede un termine".

Ad ogni modo, si tratterebbe di un vizio definito "sanabile", perché basterebbe introdurre una sorta di "scadenza" per ogni restrizione ai diritti fondamentali sanciti dai vari atti.

Il giurista di Catanzaro non ha nascosto che secondo lui un Dpcm non può e non deve in alcun modo incidere sui "diritti di libertà". Infine ha ricordato che, a differenza del decreto legge e della legge di conversione, questo è un atto che manca della procedura di confronto e collaborazione tra le parti, a differenza dei suddetti provvedimenti che invece coinvolgono: Governo, Presidente della Repubblica e Parlamento.