Coronavirus, Dpcm e ristori. Sono termini con cui gli italiano hanno imparato a familiarizzare in questo 2020. La relazione è ben chiara: la pandemia genera la necessità di contenere la diffusione il virus, i decreti generano le chiusure necessarie a far si che ciò avvenga e le misure di sostegno messe in campo del governo sono l'unica soluzione possibile per evitare il crack di tante attività commerciali. Diventa, perciò, inevitabile chiedersi da dove arrivino questi soldi. Lo ha specificato a chiare lettere Mario Monti sottolineando come questa pioggia di denari finirà per accrescere il "debito pubblico".

In attesa di capire quali saranno gli aiuti dell'Europa (Sure, Recovery Fund, con il Mes che resta come eventualità) e i termini con cui arriveranno, l'ex premier non si è sottratto dal trattare un'ipotesi patrimoniale. Lo ha fatto nel corso della trasmissione Rai Titolo V. Ne ha parlato come di un tabù e ha ricordato come, con dispiacere, lui si sia trovato a doverlo infrangere, a differenza di tanti governi che sono sfuggiti a questa soluzione.

Mario Monti a Titolo V

L'Italia vive una fase in cui l'evoluzione epidemiologica ha generato nuove chiusure. Due decreti ristori proveranno a dare ossigeno a tutte quelle attività che saranno interessate da obblighi di abbassare la saracinesca o limitazioni.

Tuttavia, non è un mistero che la situazione socio-economica generale potrebbe essere destinata a subire scossoni particolarmente gravi. A pagare sarebbero soprattutto i ceti più fragili sotto il profilo finanziario. Il conduttore di Titolo V Roberto Vicaretti ha sollecitato Mario Monti a fornire un parere rispetto alla possibilità che questo potrebbe essere il momento in cui chi ha di più, potrebbe dare qualcosa alla collettività.

"Queste - ha ammesso Mario Monti - sono parole sante. Per ora stiamo dando ristori con i soldi dei nostri figli e dei nostri nipoti. Andrà tutto in debito pubblico".

Monti parla di tabù patrimoniale

Si tratta di una perifrasi con cui si potrebbe descrivere qualcosa che assomiglia ad una "patrimoniale". Una possibile imposta verso chi ha una situazione migliore di altri sotto il profilo finanziario o patrimoniale. Monti lo definisce "tabù" e ricorda come, ai tempi da premier, fu costretto a metterla in campo in relazione alle contingenze determinate dalla crisi economica.

"Io - ricorda - quando ho avuto occasione di governare, senza alcun piacere, l'ho infranto". "Abbiamo introdotto - sottolinea- nel 2011-2012 una imposta patrimoniale a tutti gli effetti con l'Imu".

"La cosa curiosa - ha specificato - in Italia è che, però, poi quando arrivano governi di sinistra, il mio era di unità nazionale, hanno il terrore di essere considerati di essere di sinistra, di derivazione marxista. Tolgono questa cosa che è considerata un'infamia".