La guerra in Ucraina non accenna a diminuire. Dopo 92 giorni di scontri il conflitto ha subito poche e insignificanti variazioni. Vladmir Putin potrebbe però non limitarsi ad annettere alla Federazione Russa le autoproclamate repubbliche del Donbass, ossia Donetsk e Luhansk. Tra i diversi scenari potrebbe profilarsi anche l'annessione della vicina Bielorussia, governata dal presidente filorusso Aleksandar Lukashenko. Un articolo del quotidiano online indipendente russo Meduza dal titolo "Nessuno è felice di Putin", in un trafiletto, cita una fonte anonima che sostiene che a settembre ci potrebbe essere il tanto discusso referendum sull'annessione della Bielorussia alla Russia.

La fonte aggiunge: "Ma questo dipende dal controllo del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che sta resistendo a questo scenario in tutti i modi possibili". Nel frattempo il portavoce del Cremlino Dmytri Peskov non ha risposto alle domande di Meduza che cercavano una conferma.

Il possibile piano di Mosca: referendum contemporaneo in Bielorussia e Ossezia del Sud

Secondo fonti raccolte da Meduza il primo giorno utile per indire un eventuale referendum per annettere le repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk potrebbe realisticamente aver luogo l'11 settembre, quando la Russia terrà le proprie elezioni locali e regionali. Le stesse fonti affermano che la Repubblica separatista dell'Ossezia del Sud della Georgia potrebbe sincronizzare il proprio referendum sull'adesione alla Russia per settembre.

Sempre da ciò che si apprende da Meduza, non sarebbe da escludere un plebiscito contemporaneo anche in Bielorussia, ma al momento si spiega che: "Questo dipende dal controllo del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che resiste a questo scenario in tutti i modi possibili".

Lo status attuale della Bielorussia

Da decenni ormai la Bielorussia è divenuto uno stato satellite di Mosca, il leader Lukashenko governa il paese ininterrottamente dal 1994.

Formalmente una repubblica presidenziale, in cui il compito di legiferare spetta al Parlamento denominato Assemblea Nazionale, la Bielorussia è di fatto uno stato in cui di libertà è difficile solo parlarne. Nelle ultime elezioni, svoltesi nel 2020, il dittatore ha fatto registrare l’80% dei consensi, contro il solo 10% della sfidante Svjatlana Cichonouskaja.

Non sono mancate le successive proteste, migliaia di persone sono scese in piazza a Minsk per protestare contro i presunti “brogli elettorali” a favore di Lukashenko, che è riuscito però a insediarsi senza problemi alla presidenza, reprimendo le rivolte brutalmente. Decine di studenti, ragazzi e giornalisti indipendenti arrestati, sostituiti con professionisti dell’informazione russi, sotto l’occhio vigile di Vladimir Putin, che da anni schiera truppe al confine.

La collaborazione tra i due paesi è sancita fin dal 1996 con il Patto d’Unione Russia-Bielorussia, di cui il secondo è il fondatore. Stretti rapporti non solo in ambito politico, ma anche e soprattutto di sostegno militare, come si è assistito dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina.

Lukashenko ha fornito all’esercito di Mosca riparo, armi e i propri confini con l’Ucraina per permettere una migliore avanzata da un altro lato del fronte opposto al Donbass.

l'attivosta Yuliya Yukhno: "Andate a Minsk, vedrete lì cosa è una dittatura"

“Mi hanno arrestata perché volevo unire le persone e questo in una dittatura è pericoloso. In Bielorussia ti arrestano magari perchè indossi una maglietta o i calzini con i colori sbagliati. La polizia è arrivate due volte a casa, hanno effettuato una perquisizione e mi hanno trattenuta una volta per sette giorni e un’altra per due settimane. Noi bielorussi vogliamo la democrazia, la libertà. Ma un giorno arriverà”. Queste le parole ad Askanews di Yuliya Yukhno, 32enne attivista di opposizione bielorussa, che poi accenna anche all’Italia e in particolare a chi sostiene di essere sotto una “dittatura sanitaria”: “Andate a Minsk, vedrete lì cosa è una dittatura”.

Non è la prima volta che la Russia prova ad annettere territori tramite referendum ritenuti spesso dagli analisti incostituzionali. Come in Crimea, che nel 2014 ha smesso di far parte dell’Ucraina attraverso un discusso referendum, per entrare sotto l’egida del Cremlino. Referendum non riconosciuto dalla maggior parte degli stati europei se non, appunto, dalla Bielorussia di Lukashenko. Proprio i fatti di Sebastopoli, capoluogo della Crimea, hanno iniziato il lento declino dei rapporti tra Ucraina e Russia, con le proteste e gli scontri iniziati anche nelle regioni di Donetsk e Luhansk. Fino al giorno dell’invasione, datata 24 febbraio 2022.