Anche se, attualmente, non ci sono raccomandazioni cliniche standard per i pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali, è stato individuato un approccio dietetico molto promettente.

Partendo dal presupposto che la sovracrescita batterica nell’intestino, produce una fermentazione batterica eccessiva dei carboidrati (nell’intestino tenue e nel colon), è stata sviluppata, con successo, una dieta a basso contenuto di alimenti fermentabili, denominata LOW FODMAP (Fermentable oligo-di-mono-saccharides and polyols).

Ha previsto l’esclusione degli alimenti FODMAP, carboidrati di varia origine, ad alta fermentazione, per un periodo variabile, a seconda dei casi specifici.

E' stata ottenuta unariduzione significativa di sintomi gastrointestinali (dolore addominale, flatulenza, meteorismo e diarrea), nei pazienti con colite ulcerosa e morbo di Crohn in remissione.

E’ quanto riportato sulla rivista Critical Reviews in Food Science and Nutrition, nel giugno 2016, dopo un’attenta analisi di tutti gli studi clinici finora condotti sull’efficacia di varie diete nell’infiammazione intestinale.

Incidenza dell'infiammazione intestinale

Comprendono una serie di disordini che influenzano il tratto gastro intestinale, caratterizzati da infiammazione acuta e cronica, denominata IBD (inflammatory bowel disease), di cui fanno parte il morbo di Crohn e la colite ulcerosa.

I sintomi sono imprevedibili e si presentano in modo intermittente, seguiti da lunghi periodi di remissione variabile.

Una maggiore comparsa della malattia è stata osservata in un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, soprattutto in Europa e Canada, anche se sta aumentando in tutto il mondo.

Gli studi epidemiologici hanno associato l’IBD, che ha una componente genetica, a vari fattori ambientali scatenanti: fumo, farmaci, localizzazione geografica, stato sociale e dieta.

In particolare, un’alimentazione ricca di grassi saturi, di acidi grassi polinsaturi omega 6, carboidrati raffinati, additivi nei cibi, ha rivelato di contribuire alla patogenesi della malattia, mediante alterazione del microbiota intestinale, incremento della permeabilità intestinale e promozione dell’infiammazione.

Analisi dei dati clinici

Dopo una valutazione di 3 banche dati di Ricerca medica, i ricercatori del Department of Medicine, Division of Gastroenterology, University of British Columbia, Vancouver, Canada, hanno concluso che il metodo che ha apportato i maggiori benefici è quello basato sull’eliminazione degli alimenti FODMAP.

Acronimo di Fruttani-galatto-Oligosaccaridi, ossia Fruttani (in cereali, aglio, cipolla), Galattani (in legumi come fagioli, lenticchie, soia), Disaccaridi (in derivati del latte contenenti lattosio), Monosaccaridi (in frutti contenenti un eccesso di fruttosio, come mela, pera, cocomero), Polioli (in dolcificanti con sorbitolo, xilitolo, maltilolo, mannitolo, frutti con nocciolo come pesche, ciliegie, albicocche, prugne, avocado).

La dieta ha avuto una fase di eliminazione, seguita da reintroduzione di alimenti FODMAP, uno alla volta, gradualmente, per verificare le quantità tollerate da ciascuno.