A scoprirlo è stato l’agronomo gallese Mike Smith che, quasi per caso, si è trovato fra le mani la varietà di #peperoncino più piccante del mondo. Il coltivatore ha ammesso, infatti, che il suo obiettivo non era quello di ottenere una specie straordinariamente piccante, bensì quello di crearne un tipo che fosse bello dal punto di vista estetico, adatto ad un uso decorativo, oltre che gastronomico.

L'unità di misura della "piccantezza"

Forse non tutti sanno che l’intensità dei peperoncini ha una sua specifica unità di misura, il SHU. Questa sigla indica un valore sulla scala di piccantezza di Scoville, chimico americano ideatore del “sistema metrico piccante”.

Per rendersi conto della forza del “Dragon’s Breath” (Alito di Drago), il cui valore SHU ammonta a 2,48 milioni, basta pensare che al jalapeño, ritenuto mediamente piccante, corrisponde ad un valore di 10 mila SHU. Prima di questa scoperta il titolo di varietà più intensa era detenuto da un prodotto americano, il “Carolina Reaper”, con ben un milione e mezzo di SHU. Mike Smith ha dunque battuto ogni record, aggiudicandosi un riconoscimento dal Guinness dei Primati.

Può provocare shock anafilattico

È stato anche calcolato che lo spray urticante utilizzato dalle forze dell'ordine, in grado di togliere il respiro e far perdere l’uso della vista per alcune ore, equivale ad un valore SHU di 2 milioni, inferiore, quindi, alla piccantezza dell’Alito di Drago.

Mike Smith dichiara di non essere riuscito a tenere in bocca il suo peperoncino per più di dieci secondi. Sarebbe infatti capace di togliere il fiato e provocare una fortissima sensazione di bruciore soltanto appoggiandolo sulla lingua. Secondo gli scienziati ingerire un peperoncino con queste caratteristiche potrebbe portare alla totale chiusura delle vie respiratorie, causando morte per shock anafilattico.

Dragon's Breath può essere utilizzato in campo medico

Alcuni dottori americani stanno sviluppando una sorta di anestetico naturale ricavato dall’olio del “Dragon’s Breath”. Pare che la sostanza ricavata impieghi soltanto pochi secondi per far perdere completamente la sensibilità alle pelle. Considerando che molti pazienti risultano allergici a numerosi agenti anestetizzanti, ricavarne uno naturale al 100% potrebbe costituire un ottima alternativa.

Anche i costi di produzione sarebbero sensibilmente minori e questo nuovo prodotto potrebbe essere indirizzato alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo, che non possiedono fondi necessari per permettersi cure mediche di alto livello.