L'obesità è una delle maggiori cause di rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e cancro, pertanto è necessario seguire un metodo dietetico che abbia un’azione snellente e stabilizzante del peso ideale, una volta raggiunto.

A tale proposito i ricercatori del Department of Public Health and Clinical Medicine, Umeå University, Svezia, hanno confrontato l’effetto di due diete somministrate a 70 donne obese in menopausa nell’arco di due anni: un gruppo riceveva una dieta paleolitica, l’altro una dieta nordica equilibrata, entrambi non ipocaloriche.

I soggetti che seguivano la dieta paleolitica perdevano più peso rispetto a quelli della dieta di controllo; l’11% dopo 6 mesi, rispetto al 6% del gruppo di riferimento; entrambi i valori rimanevano costanti per altri 18 mesi. Risultato analogo sulla massa grassa, la dieta paleo riduceva il grasso sottocutaneo del 19% dopo 6 mesi e del 14% dopo 24 mesi, quella di controllo il 10% dopo 6 e 24 mesi.

Solo il metodo paleo diminuiva l’insulina a digiuno dopo 6 mesi, suggerendo una migliore insulino sensibilità e metabolismo degli zuccheri. Questo tipo di dieta aveva già mostrato in altri studi, in soggetti con diabete di tipo 2, di migliorare tolleranza al glucosio, livelli dei trigliceridi e pressione sanguigna.

Il lavoro è stato pubblicato su European Journal of Endocrinology nel giugno 2019.

Azione dei nutrienti sugli ormoni

Quando i nutrienti passano attraverso l’intestino, le cellule enteroendocrine nell’epitelio intestinale producono ormoni come glucagon-like peptide 1 (GLP-1) nel circolo sanguigno, stimolante della sazietà.

Nel metodo paleo, caratterizzato da una scarsa assunzione di carboidrati e alta di grassi insaturi, il dimagrimento aumentava i livelli di GLP-1 postprandiali del 34% dopo 6 mesi e del 45% dopo 24 mesi promuovendo sazietà e mantenimento del peso.

La dieta di controllo, invece, non aveva effetto sul GLP-1 dopo 6 mesi, ma solo dopo 24 mesi.

Il GLP-1 postprandiale può essere, dunque, un fattore chiave per prevenire il guadagno di peso.

Studio clinico

Le donne in sovrappeso/obese con un indice di massa corporeo (BMI tra 27 e 41 kg/m2) sono state reclutate presso l’Ospedale Unversitario di Umea.

Coloro che ricevevano una dieta paleolitica, 30% di proteine, 30% di carboidrati e 40% di grassi, mangiavano pesce, carne magra, uova, semi oleosi, ortaggi, frutta, bacche, oli vegetali ed escludevano cereali, derivati del latte, zucchero e sale; quelle di controllo ingerivano 55% di carboidrati, 30% di grassi e 15% di proteine, ossia cereali integrali, frutta, ortaggi, pesce, carne magra e derivati del latte.

Nello studio, durato due anni, è stata osservata un’eccellente perdita di peso durante i primi 6 mesi e nessun guadagno durante il restante periodo di studio, soprattutto con il metodo nutrizionale paleolitico, attivo sull’ormone GLP-1.

La composizione della dieta può, quindi, impattare sulla secrezione di ormoni coinvolti nella regolazione omeostatica della perdita del peso e del mantenimento.