Sebbene ancora oggi l’OMS (Organizzazione Mondiale delle Sanità) ha ritenuto non ci siano le condizioni per far scattare un allarme globale su una possibile epidemia causata dal nuovo coronavirus, per informare operatori e cittadini, l’istituto Superiore della Sanità, attraverso EpiCentro - Il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica – ha aperto una nuova sezione dedicata a questo tema. Il caso si è originato, come è ormai a tutti noto, a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, nella Cina centrale, dove sono stati registrati i primi casi di polmonite associati al coronavirus 2019-nCoV.

Informazioni sempre aggiornate

In questi casi i numeri servono solo a fotografare il momento, giusto per avere un dato da raccontare ma che è destinato ad essere aggiornato di giorno in giorno.

Per i dati arrivati al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), secondo il “risk assessment pubblicato il 22 gennaio, al 20 gennaio erano stati registrati 4 decessi e 295 casi confermati. Di questi, 291 casi in Cina (270 casi nella città di Wuhan - tra cui 15 operatori sanitari, 5 casi a Pechino, 14 casi nel Guangdong e 2 a Shanghai). Quattro casi di viaggiatori transitati dalle zone del focolaio cinese, 2 in Tailandia, 1 in Giappone ed 1 in Corea del Sud.

Ma questi numeri lasciano il tempo che trovano, sono sicuramente sottostimati e già altre fonti parlano di un numero di infettati ben superiore. Già oggi i decessi accertati sarebbero circa 20 su un migliaio di contagiati.

Quello che adesso fa notizia è la diffusione dell’infezione che, oltre ai primi casi appena citati, ci si attende un interessamento di un numero crescente di Paesi. Una fotografia costantemente aggiornata di questa epidemia è disponibile sul portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica EpiCentro, a cura dell’Istituto Superiore della Sanità.

Il National Genomics Data Center (NGDC) cinese ha pubblicato una banca dati su 2019-nCoV mentre il governo di Pechino ha previsto “restrizioni” senza precedenti su 10 importate città limitando la libertà di movimento a 41 milioni di cittadini e cancellando tutte le manifestazioni previste per il Capodanno cinese. In tutti i Paesi, sedi di aeroporti internazionali con importanti scali per voli diretti dalla Cina, come Roma-Fiumicino, sono stati previsti controlli rigorosi su tutti i passeggeri in arrivo dai territori a rischio.

Mentre il nostro centro di eccellenza, l’Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma, è già pronto a fronteggiare ogni singolo caso.

Così, indipendentemente da quanti contagiati e quanti decessi sono stati segnalati fino ad oggi, quello che conta è capire di cosa stiamo parlando. Il 9 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato che le autorità sanitarie cinesi hanno isolato 2019-nCoV, un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell'uomo. Anche se, ad oggi, l’OMS non ha ritenuto di attivare la procedura per le emergenze sanitarie di interesse internazionale (PHEIC; Public Health Emergency of International Concern) in quanto l’epidemia sembra ancora confinata e sotto controllo.

Il virus è partito da un focolaio di casi di polmonite, registrati a partire dal 31 dicembre 2019 nella città di Wuhan, nella Cina centrale.

La maggior parte dei casi si era originato nel mercato di Huanan Seafood, un mercato all'ingrosso di frutti di mare e animali vivi. Permangono ancora incertezze sulla “virulenza/patogenicità” di 2019-nCo, sulle modalità di trasmissione e sui serbatoi (reservoir) del virus, come fonte dell’infezione.

I coronavirus

Il 2019-CoV è solo l’ultimo dei casi di infezione di massa da parte di un coronavirus. In precedenza, avevamo avuto il caso della sindrome respiratoria mediorientale MERS (Middle East respiratory syndrome), a partire dal 2012 in Arabia saudita. Da allora, l’infezione ha colpito persone in oltre 25 Paesi, anche se tutti i casi erano collegati a Paesi nella zona della penisola arabica.

E ancora prima, nel 2002 in Cina, la sindrome respiratoria acuta grave SARS (Severe acute respiratory syndrome).

Tra il 2002 e il 2003 fu responsabile di un’epidemia mondiale facendo registrare 8.098 casi probabili di cui 774 decessi. Da segnalare che dal 2004 non ci sono stati altri decessi da infezione SARS-CoV in nessuna parte del modo.

In tutti questi casi, MERS-CoV, SARS-CoV, e quello di adesso (2019-nCoV), sono tutti coronavirus, una famiglia di virus respiratori che causano il comune raffreddore, e malattie respiratorie lieve e moderate. IL virus è chiamato così per le punte a forma di corona sulla sua superficie. Finora sono stati identificati 7 differenti specie di coronavirus, classificate in 4 sottofamiglie: alpha, beta, gamma e delta. I più comuni per l’uomo sono due forme alpha (229E e NL63) e due forme beta (OC43, HKU1).

Sono virus comuni anche in molte specie animali (es. cammelli e pipistrelli) ma in alcuni casi questi virus possono mutare, dando origine a nuovi ceppi sconosciuti fino a quel momento e, in rari casi, questi sono in grado di infettare l’uomo generando le epidemie di cui abbiamo detto. Quelli che hanno causato MERS e SARS sono della sottofamiglia beta.

Diffusione e precauzioni

Quando un virus, che infetta le specie animali, muta può iniziare ad infettare specie differenti, compreso l'uomo. Nell'uomo il contagio avviene attraverso contatti diretti mediante saliva o con le mucose. Non esistono vaccini contro i coronavirus. Quando ad infettare l’uomo è un virus comune, la guarigione avviene spontaneamente.

La prevenzione rientra nelle buone abitudini che uno dovrebbe seguire sempre, come proteggere la bocca durante tosse e starnuti, lavarsi sempre accuratamente le mani, lavare bene frutta e verdura ed evitare di mangiare carne e pesce non cotti.

Ma, se nonostante tutto si viene contagiati, i sintomi di un’infezione da coronavirus includono febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi gravi, si può arrivare a polmoniti, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte.

Per le epidemie da MERS-CoV e SARS-CoV, la mortalità segnalata era di 3-4 decessi ogni 10 casi di pazienti con polmonite. Per il nuovo virus (2019-nCoV), la mortalità dovrebbe essere inferiore; si stima in un decesso ogni 10 casi di polmonite, anche se è troppo presto per fare statistiche di questo tipo.