Se la scienza e la medicina stanno lavorando sodo contro la pandemia che sta tenendo il mondo intero sotto scacco, elaborando ad esempio un cerotto sperimentale come vaccino contro il Covid-19, il mondo della tecnologia non è da meno, in un crossover tra progresso e inquietanti invasioni di campo dei grandi colossi tecnologici, pronti a cavalcare l'onda

Attraverso il meccanismo di contact tracing, smartphones in prossimità possono, in realtà, già scambiarsi informazioni tramite tecnologia bluetooth. La novità, quindi, starebbe non tanto nello sviluppo di un nuovo tipo di tecnologia, quanto in una serie di nuovi strumenti che rendano le due piattaforme, da sempre in conflitto, interfacciabili.

Si tratta delle cosiddette API (Application Programming Interface) che, sia su Android che su iOs, dovrebbero accorciare le differenze di operatività in questo senso.

Apple e Google contro il virus: il funzionamento nella pratica

Oltre all'eliminazione delle distanze in termini di operatività, si pensa ora ad un vero e proprio software integrato nei sistemi operativi, in grado di interfacciarsi con le app delle autorità sanitarie. Tutto questo sempre tramite tecnologia bluetooth, per determinare la reale prossimità dei dispositivi (e quindi delle persone). Ma come funziona a livello pratico?

Ammettiamo che due persone abbiano un qualche tipo di contatto e che, nei giorni successivi, una delle due cominci a sentire i primi sintomi.

Inserendo il suo stato di Salute all'interno dell'app, il sistema potrà avvertire la persona che, dopo il contatto, potrebbe trovarsi a rischio contagio, mantenendo però l'anonimato.

Le autorità nazionali saranno le uniche ad avere accesso a tali Api, regolamentando e definendo l'uso di queste tecnologie per la cittadinanza.

Ora, se Apple e Google considerano tale soluzione un valido aiuto anche in un momento, come quello attuale, in cui la pandemia è già diffusa, d'altro canto sarà la Commissione Europea che stabilirà la compatibilità o meno dell'iniziativa congiunta dei due grandi colossi tecnologici con le nuove regole comuni EU in materia.

Anche in Italia si pensa ad una app anti-pandemia

Il 24 marzo il Ministero dell'Innovazione congiuntamente al Ministero della Salute avevano aperto un bando per raccogliere le proposte dall'ambiente universitario e d'impresa in ambito di elaborazione dei dati anti-Coronavirus. Il risultato, elaborato da un'apposita task force, si può riassumere, ad oggi, in due opzioni, proposte da due software house, da Milano e Pisa.

C'è anche la vidimazione del Garante per la privacy, in quanto la logica del trattamento sui dati (che è comunque tutta da testare, anche a livello di incidenza statistica) prevedrebbe non la geolocalizzazione GPS, come nel modello cinese e sudcoreano, ma il tracciamento e la momentanea memorizzazione dei contatti ravvicinati.

Il funzionamento dell'app "italiana", analogamente a quanto proposto da Apple e Google per i propri sistemi operativi, dovrebbe basarsi allora sulla tecnologia bluetooth, per registrare gli incontri tra le persone che abbiano installato l'app, pur mantenendone l'anonimato.

Il nuovo presidente della task force per affrontare la successiva "fase due", Vittorio Colao ha aperto i lavori in Italia per l'uso della tecnologia contro la diffusione del contagio.

Secondo l'ex dirigente di Vodafone, il tracciamento dei contatti sociali, tramite dati delle reti mobili incrociati con app ad hoc, potrà permettere di scoraggiare i movimenti in zone rosse e di passare, allora, da quarantene di massa ad aree selezionate.