Per controllare disturbi gastrici come bruciore, riflusso, gastrite e ulcere, si ricorre comunemente a soppressori dell’acidità gastrica con dei farmaci inibitori della pompa protonica (IPP). Studi epidemiologici avevano segnato (altri lo avevano smentito) un incremento della demenza nei soggetti che avevano fatto un uso prolungato di questi farmaci anche se finora non era stato individuato alcun collegamento. Ora, sulla rivista Alzheimer's & Dementia i ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia, hanno pubblicato i risultati di una ricerca che mette in evidenza un possibile meccanismo tra IPP e demenza.

Questi inibitori andrebbero ad inibire la colina-acetiltransferasi, un enzima che sintetizza l’acetilcolina, un neurotrasmettitore essenziale per la trasmissione dei segnali tra le cellule nervose.

Un uso saltuario non è pericoloso

Ebbene precisare subito che le conclusioni di questo studio non sono applicabili a quei pazienti che saltuariamente prendono un inibitore della pompa protonica (terapie inferiori ad un mese). L’ipotesi che i ricercatori hanno fatto e dimostrato, è che gli IPP possono inibire l’enzima colina-acetiltransferasi. Effetto osservato sperimentalmente in laboratorio ma anche con tecniche di virtual screening in 3D (in silico docking analysis), spiegherebbe come un uso prolungato di questi farmaci porti ad una riduzione della produzione dell’acetilcolina.

Questa sostanza è un neurotrasmettitore motorio, fondamentale per trasmettere i segnali nervosi che fanno contrarre la muscolatura. Ma la sua azione si estende anche a funzioni cerebrali. È dimostrato che in alcune forme di demenza, come l’Alzheimer, il livello di acetilcolina nel cervello è basso. Alcuni studi avevano segnalato che un uso prolungato degli IPP aumentava l’incidenza di forme di demenza (es.

JAMA Neurol. 2016. Association of proton pump inhibitors with risk of dementia: a pharmacoepidemiological claims Data Analysis. W. Gomm e coll.).

Ora Taher Darreh-Shori, con il suo gruppo di ricerca, al Dipartimento di Neurobiologia, Scienze della cura e Society, presso il Karolinska Institutet, ha dimostrato che tutti gli IPP possono inibire l’azione della colina-acetiltransferasi con conseguente riduzione della produzione di acetilcolina.

A conferma di questo rapporto tra inibizione dell’enzima e sviluppo della demenza, i ricercatori hanno dimostrato che tra i vari IPP, i farmaci che sono più attivi nell'inibire la colina-acetiltransferasi sono proprio quelli che hanno fatto segnalare una maggiore frequenza di casi di demenza.

Tra gli inibitori più potenti ci sono omeprazolo, esomeprazolo, tenatoprazolo e rabeprazolo, mentre pantoprazolo e lansoprazolo inibiscono questo enzima con minor efficienza. Queste informazioni potranno essere utili ai medici quando sono chiamati a prescrivere degli IPP a pazienti anziani, magari già con una diagnosi di demenza. In questi casi, se non ci sono alternative, potrebbero prescriverli per brevi periodi e a dosaggi più bassi.

Questa ricerca è stata finanziata dall'Alzheimer's Association (USA), dal Consiglio svedese per la ricerca, dalla Loo & Hans Osterman Foundation e dal Karolinska Institutet. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica Alzheimer's & Dementia.

Gli inibitori della Pompa Protonica

Si tratta di una classe di farmaci capace di inibire un enzima gastrico, la H+/K+-ATPasi (la pompa a protoni) che catalizza lo scambio degli ioni protonici (H+) e potassio (K+). Tale inibizione si traduce in una efficacia inibizione della secrezione acida. Il meccanismo di azione è di tipo irreversibile, nel senso che il blocco di queste proteine non può tornare indietro. Per cui lo scambio protonico, per poter riprendere a funzionare, deve attendere la sintesi di nuove proteine (pompe protoniche).

E questo richiede tra le 18 e le 24 ore. Per cui una sola compressa riesce a controllare l’ipersecrezione gastrica per un giorno intero.

Sono in uso clinico da oltre 20 anni e hanno soppiantato i vecchi antistaminici H2, come la ranitidina. Ne avevamo già parlato su questo giornale, gli IPP sono tra i farmaci più venduti al mondo. Il più venduto rimane l’omeprazolo, farmaco che rientra tra quelli considerati essenziali dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Salute). Riescono efficacemente a controllare complicanze associate a forme di reflusso gastroesofageo, eradicazione dell'infezione da Helicobacter pylori, ulcere peptiche H. pylori-negative, cicatrizzazione e prevenzione delle ulcere gastriche associate a FANS / COX-IB, terapia per il controllo del sanguinamento del tratto digestivo superiore conseguente a indagini endoscopiche, e nel trattamento della sindrome di Zollinger Ellison.

Questi farmaci funzionano benissimo, e sono ben tollerati. Il problema è farne un uso smodato. Da più parti iniziano ad essere segnalati degli effetti collaterali tipo osteoporosi (importante controllare i livelli di magnesio prima di una terapia a base di IPP), rischi cardiovascolari - comunque non confermati da altri studi - e demenza, nei soggetti sottoposta a trattamenti prolungati con IPP. E questo lavoro, appena pubblicato, fornisce anche un possibile meccanismo.