Uno studio effettuato dall'Università di Yale, e pubblicato sulla rivista scientifica Nature, ha scoperto il segnale di disturbo che molti tumori producono per intromettersi nelle comunicazioni del sistema immunitario, in maniera tale da rendersi inattaccabili. Il processo di disattivazione del segnale di disturbo sui topi ha permesso di rallentare in maniera radicale lo sviluppo del tumore e in alcuni casi ne ha anche determinato la scomparsa.

Di pari passo un altro studio di un gruppo internazionale coordinato dalle Università di Cambridge ed Edimburgo, pubblicato sempre sulla rivista Nature, ha ricostruito la catena di mutazioni genetiche che sfocia nel cancro, dopo l'esposizione ad agenti chimici pericolosi come il fumo.

L'interferenza che blocca l'azione del sistema immunitario

La ricerca di Yale, diretta dall'immunologo Aaron Ring, ha dimostrato che in diverse tipologie di cancro sono presenti elevate quantità della proteina IL18BP. Questa macromolecola agisce come segnale di disturbo nei confronti del sistema immunitario, legando e inattivando la molecola infiammatoria interleuchina 18 e impedendole così d'innescare la difesa immunitaria.

Questa scoperta potrebbe portare alla luce il motivo per cui gli esperimenti scientifici, nei quali l'interleuchina è stata testata come terapia anti-tumore, non hanno prodotto i risultati sperati.

Per risolvere la problematica gli scienziati hanno elaborato oltre 300 milioni di tipologie di interleuchina 18, fino a produrne una in grado di non farsi ostacolare dalla IL18BP.

In seguito è stata somministrata a topi affetti da diverse tipologie di tumore, anche resistenti all'immunoterapia convenzionale. Il risultato di questa lavoro è stata una consistente diminuzione della crescita del cancro fino ad arrivare, in alcune casistiche, perfino alla sua scomparsa. A seguito di questi positivi risultati, il team di esperti si è già adoperato per il test sull'uomo, che dovrebbero partire dal prossimo anno.

Lo studio che mette in luce la mutazione genetica innescata dagli agenti chimici

Un altro studio pubblicato sempre su Nature da un team internazionale coordinato dalle Università di Edimburgo e Cambridge, ha invece fatto luce sulla catena di mutazioni genetiche, causate dagli agenti chimici, che porta al tumore.

Lo studio ha riguardato alcune centinaia di tipi di tumore al fegato presenti nei topi. I ricercatori hanno scoperto che le lesioni del Dna causate dagli agenti chimici non vengono subito eliminate, ma bensì mantenute nel processo di divisione cellulare e trasmesse alle cellule figlie. Infatti i due filamenti di Dna con le lesioni subiscono un processo di separazione durante la divisione cellulare, che portano alla produzione di due cellule figlie con diverse mutazioni.

Generazione dopo generazione le lesioni producono combinazioni di mutazioni, aumentando la possibilità di produrre quelle adatte per lo sviluppo del cancro. Secondo il coordinatore dello studio Duncan Odom questo potrebbe spiegare la velocità attraverso cui le cellule tumorali esercitano resistenza ai farmaci e la facilità con la quale si adattano ad altri tessuti.