Una cavalcata furiosa, avversari saltati come birilli e quel pallone che si deposita in rete segnando per sempre la sua carriera e la sua gloria personale. Saeed Al-Owarain, ex centrocampista dell’Arabia Saudita, segna un gol come quello segnato da Maradona a Messico ’86 e balza agli onori della cronaca per questa rete magnifica. Una rete che lo legherà ad una vicenda extracalcistica controversa che lo porterà addirittura in carcere.

I fatti risalgono al mondiale del 1994 giocato negli Stati Uniti. Al-Owarain è una delle stelle di quell’Arabia, ha vinto la classifica marcatori nel 1991/92 con 16 gol all’attivo e si è aggiudicato un Pallone d’Oro Asiatico nel 1994.

I Leoni del deserto possono compiere l’impresa di qualificarsi agli ottavi e nella terza sfida del girone contro il Belgio, la nazionale dell’allora CT Solari ha la possibilità di riscrivere la storia.

I verdi ci impiegano cinque minuti a passare il turno e Al-Owarain segna il gol più bello di tutto il mondiale: cavalcata di settanta metri palla al piede, salta cinque avversari come birilli e insacca la rete dell'1-0 alle spalle di un certo Preud'homme, mica il primo novellino. Il risultato non cambierà più, l’Arabia si qualifica e Al-Owarain diventa un eroe nazionale. La sua fama, però, arriva anche al di fuori del suo paese e le società di marketing iniziano a offrirgli contratti pubblicitari.

Il centrocampista saudita diventa il testimonial per diversi brand e prodotti iniziando ad essere attorniato dal successo e dal guadagno. Al-Owarain viene corteggiato da molte squadre all’estero, ma Re Fahd lo obbliga a restare all’Al-Shabab per continuare ad essere profeta in patria. Saeed, però, scappa per ben due volte dal proprio paese e viene così arrestato per aver infranto la legge islamica.

Dopo un anno di prigione, l’ex calciatore viene scarcerato per far sì che possa prendere parte alla spedizione araba ai mondiali del 1998 in Francia, ma il Maradona del Golfo, soprannome che si meritò dopo il gol spettacolare simile a quello segnato dal Pibe de Oro a Messico ’86, aveva perso lo smalto di un tempo e la sua storia calcistica si interrompe mestamente.

La leggenda vuole che il giocatore venne liberato per volontà del figlio minore di Re Fahd che aveva come idolo proprio il numero dieci saudita. Un uomo che grazie ad una prodezza balistica aveva spinto la sua Nazionale oltre i confini dell’immaginazione comune.