Oggi del ciclismo si parlaprincipalmente per le notizie legate al doping, ma a volte l'incantesimo vienespezzato da storie straordinarie come quella di Vincenzo Nibali, il siciliano cheha dominato il Giro d'Italia 2013, ma è solo un bagliore di luce, poi siripiomba nel buio. Eppure si potrebbero raccontare storie di ragazzi fantasticipartiti dal proprio paese con una valigia e un sogno da realizzare, giovani chehanno messo da parte giochi e divertimento per dedicarsi anima e corpo ad unosport appassionante quanto logorante e difficile.
La bici è sacrificio, fatica,gioco di squadra, altruismo in alcuni momenti ed egoismo in altri, uno sportdove il carattere e la voglia di arrivare contano più di qualsiasi altra cosa.Ma le storie non sempre hanno un bel lieto fine e per uno che ce la fa, tantialtri rimangono alla porta costretti a rinunciare a quel sogno che hannocoltivato fin da bambini.
Ma perché alcuni ce la fanno ed altri no? Se l'èchiesto Giancarlo Ceruti, in passato presidente della federazione ciclisticaitaliana, che ha da poco pubblicato un libro intitolato "Il ciclismo dallaSicilia alla Toscana". Cerruti ripercorre le storie di tanti giovani ciclistisiciliani emigrati al nord tra il 2008 eil 2009 per far sì che la passione per lo sport potesse diventare unapossibilità di reddito. Per molti purtroppo non è stato cosi e l'autore del librofa una considerazione cruda a questo proposito: chi è emigrato in Toscana ed havissuto al college – ha scritto- non è diventato campione, chi ha vissuto nellecase dei dirigenti ha fatto carriera".
Il libro di Cerruti è una ricercaantropologica che guarda al mondo giovanile nel ciclismo in una realtà, quellasiciliana, troppo spesso emarginata.