Anche per quest'anno il prato verde di Wimbledon chiude i battenti. Il torneo più atteso dell'anno ancora una volta ci ha regalato un mese di emozioni forti, perlopiù contrastanti. La diretta concorrenza dei Mondiali di calcio in Russia non ha per nulla influito sul fascino senza tempo di questa manifestazione, perché i veri appassionati di Tennis sanno che a partire dal primo turno di qualificazione, tutto il resto intorno deve tacere. Il dress code in bianco per i giocatori, l'eleganza richiesta dall'All England Lawn Tennis and Croquet Club per gli spettatori con il tradizionale abbinamento giacca-cravatta per gli uomini e abito per le donne, le fragole con la panna: tutte consuetudini da rispettare, perché quando si entra nel tempio sacro del tennis, bisogna essere impeccabili.

Da quel lontano 1877, Wimbledon è diventato un culto sacro per tennisti e appassionati, perché solo qui, su questi campi, spesso si è assistito al miracolo. Wildcard vincitori del titolo, match infiniti durati più di 11 ore, maestri di tennis che si sono scontrati con il loro idolo. Tutte immagini che rimarranno indelebili nella nostra mente, perché è qui che che i campioni si affermano e le stelle possono nascere o spegnersi. Questa è stata l'edizione meno spettacolare degli ultimi anni e già si pregustava una scontata ma favolosa finale tra i due mostri sacri di questo sport, Federer e Nadal, ma ancora una volta l'aria quasi divina di Wimbledon ha scombussolato i piani di organizzatori e tifosi.

Tra eliminazioni inaspettate, sorteggi poco probanti e finali a sorpresa, ecco cosa vale la pena di ricordare.

Delusione NextGen

Doveva essere il Major delle promesse, visto la fase calante dei cosiddetti Big Four: con Murray ritiratosi prima del tempo, Federer non al meglio dopo le sfide ad Halle e Stoccarda e le incognite Nadal e Djokovic, tutto presupponeva un cambio della guardia, ma così non è stato.

Coric, il giustiziere di Federer in finale ad Halle, probabilmente ha risentito fisicamente e psicologicamente del match contro il "King" e si è fermato al primo turno contro Medvedev. Shapovalov non è andato oltre il secondo turno, battuto da un ringalluzzito Paire e Alexander Zverev deve ancora riprendersi dalla batosta subita ai sedicesimi contro il numero 109 del mondo Gulbis.

Bene Raonic (anche se non è più NextGen) che raggiunge per l'ennesima volta i quarti di Wimbledon, segno che nel tennis l'esperienza fa ancora da padrona.

Strapotere atletico

Non sempre la classe vince. Come ogni sport, anche il tennis in questi anni è cambiato e pare che l'atletismo sia diventato un must irrinunciabile per chi si approccia a questo sport. Non dobbiamo meravigliarci se i cosiddetti giocatori "bombardieri", chiamati così per la loro potenza nei colpi (soprattutto nel servizio), stiano sempre più prendendo largo tra la folla, insegnando che la legge del più forte rimarrà sempre tale. Esempio significativo è stata grande esprienza vissuta dal sudafricano Kevin Anderson, "colpevole" prima di aver eliminato a sorpresa il padrone di casa, Sua Maestà Roger Federer al quinto set e uscito trionfante come un gladiatore dall'arena verde del centrale, dopo ben 6 ore di lotta a suon di ace contro Isner (altro lungagnone di due metri e noto "aceman").

In finale un resuscitato Djokovic gli ha ricordato però che esistono pure diritto e rovescio nel tennis, segno che i tempi stanno cambiando, ma forse neanche così velocemente.

Nole is back

Sembrano lontani i tempi del fastidio al gomito. Dopo la sua ultima vittoria di spessore al Roland Garros del 2016, il campione serbo ha passato questi ultimi due anni tra infortuni, sconfitte e presunte tensioni famigliari, ma adesso Nole sembra avere finalemente ritrovato se stessi e soprattutto quell'equlibrio psicofisico che lo ha reso il campione senza punti deboli, capace di mettere alle strette più di una volta Federer e Nadal. Spesso bisogna cambiare qualcosa perché il resto possa migliorare, e così ha fatto il serbo.

La nascita del suo primogenito e il ritorno alla collaborazione con il suo vecchio maestro Vajda, dopo un anno di separazione caratterizzata dal duo Stepanek-Agassi, hanno decisamente fatto la differenza in questo processo di "resurrezione" del serbo e ora, grazie alla vittoria a Wimbledon in tre set contro Anderson (quarto titolo del Major, nonché 13esimo in totale) si appresta ad affrontare con spirito e mentalità nuove le nuove sfide che lo attenderanno. Good luck, Nole.

La caduta degli dei

"At last, but not least", come direbbero gli inglesi, non si può sfuggire dall'evento che più di ogni altra cosa ha stupito i tifosi. Wimbledon è una religione, e come ogni culto che si rispetti ha bisogno di una guida che indichi il cammino.

Se il Vaticano ha il Papa, Wimbledon, considerata come il Vaticano del tennis, non può che avere come riferimento il più grande di tutti, Roger Federer. La gente fa la fila per ore pur di accapararsi un biglietto per vedere dal vivo i miracolo sportivi di cui è capace questo uomo. Purtroppo quest'anno l'età o semplicemente la forma fisica hanno dimostrato che leggi della natura hanno effetto pure su di lui, mostrandoci un Federer stanco e meno brillante, nulla ha potuto contro un Anderson in versione deluxe, anche se rimangono i rimpianti per i soliti breakpoint mangiati. Un tonfo che ancora lascia perplessi, come quello accaduto in finale nel 2016 contro Raonic, ma sappiamo tutti poi come è andata a finire. Lo svizzero come la mitologica fenice è rinato dalle sue ceneri, e anche adesso non tarderà a farlo, perché il suo talento trascende ogni umana natura.