Condividiamo l'esaltazione dei cronisti di DMAX, perché i primi 10' di Italia-Nuova Zelanda allo stadio Olimpico di Roma sono un bel vedere da parte degli uomni di Conor O'Shea. Gli azzurri non hanno alcun timore reverenziale, subiscono una meta, ma approfittano di una squadra avversaria stranamente imprecisa e, forse, ancora con le scorie dell'inattesa sconfitta in Irlanda. Poi però non c'è davvero più nulla da raccontare sul fronte italiano e la partita diventa un monologo degli All Blacks. Lo score finale di 66-3 scandito da ben 10 mete rende l'idea del pomeriggio romano.

Uno show gli inni nazionali e l'Haka, grand'Italia per 10', poi gli All Blacks prendono il sopravvento

Lo stadio Olimpico presenta il pubblico delle grandi occasioni, la gente è accorsa numerosa per tifare Italia, ma anche e soprattutto per vedere all'opera i grandi maestri dei rubgy. Emozionante il momento degli inni, soprattutto per il trasporto con cui i giocatori in maglia azzurra cantano quello di Mameli. Poi, spettacolo nello spettacolo, l'onda emotiva dell'Haka neozelandese che viene applaudita da tutto lo stadio. L'avvio del match è promettente e la Nuova Zelanda è stranamente nervosa, le critiche per la sconfitta di Dublino si sono fatte sentire. Ad essere sinceri non è stato nulla di estremamente grave, ma gli All Blacks non sono proprio abituati a perdere.

Così l'Italia ne approfitta ed inizia con una splendida mischia risolta in favore degli uomini di O'Shea con un vantaggio anticipato. La gente allo stadio applaude, ma dopo 9' si trova 'costretta' ad applaudire anche la prima meta neozelandese che nasce dal break di Coles che passa a Jordie Barrett il cui assist lancia la corsa oltre la linea di Perenara.

Gli ospiti non trasformano il successivo piazzato e, dunque, si ricomincia dallo 0-5 in cui l'Italia non fa una piega: eccellente Tebaldi nel sorprendere i giocatori in maglia nera costringendoli a difendersi a limite e concedere il calcio di punizione che viene trasformato da Allan: gli azzurri sono in partita. L'illusione però dura poco e viene spezzata da Beauden Barrett che innesca Tuipolotu, con la seconda linea che sfonda agevolmente servendo una palla che chiede solo di essere schiacciata in meta da McKenzie: stavolta gli uomini di Hansen non falliscono il piazzato, la Nuova Zelanda conduce 12-3.

Dopo 25' si fa male il direttore di gara: Andrew Brace è costretto a lasciare il campo e viene rilevato da Pascal Gauzerre, mentre l'italiano Manuel Bottino va alla bandierina. Poco dopo su una touche a 10 metri arriva la terza meta neozelandese, sulla quale pesa la responsabilità di una difesa italiana davvero piazzata male: nella circostanza il pallone viene schiacciato ancora da McKenzie. Poco dopo la mezz'ora altra azione di forza dei campioni del mondo, Coles evita l'intervento di due azzurri, si produce in un offload per McKenzie che lancia la corsa di Jordie Barrett con quest'ultimo che vola in meta sotto i pali. Nei minuti di recuper del primo tempo assistiamo ad un capolavoro: la Nuova Zelanda beneficia di una touche a 5 metri, l'Italia resiste e così la palla arriva a Beauden Barrett lestissimo a cambiare fronte con un calcio in direzione del fratello Jordie che aggancia, innesta la quinta bevendosi Hayward e va in meta.

Il piazzato di Beauden Barrett chiude la prima frazione sul 31-3.

Ripresa senza storia

In apertura di ripresa la Nuova Zelanda segna la sesta meta: il merito è tutto di Read, 'capitano di giornata' che era stato severamente bacchettato dalla stampa del suo Paese dopo la prestazione poco convincente contro l'Irlanda: la terza linea dei Crusaders evita due difensori e serve in offload Laumape che schiaccia oltre la linea (trasformazione successiva di Beauden Barrett). I campioni mondiali sono di un altro pianeta ed è storia arcinota, ma l'Italia ci mette del suo quando Ghiraldini, a seguito di una touche a metacampo, cerca di lanciare lungo per Castello, ma non ha fatto i conti con la rapidità dello straordinario Beauden Barrett che aggancia e corre senza rivali sotto i pali, arrotondando poi lo score sul piazzato.

Per lui è la 25esima meta in carriera giocando con la maglia numero 10 sulle spalle, ovvero quella del mediano d'apertura ed è un record per il ruolo che in precedenza era detenuto, tanto per cambiare, da Dan Carter, altro 10 degli All Blacks. Steve Hansen gli concede il meritato riposo e fa entrare Mo'unga, quest'ultimo effettua un calcetto al 53' oltre la linea difensiva italiana che rimbalza sul palo, diventa prenda di McKenzie che lo schiaccia in meta, la settima del pomeriggio (con Mo'unga che trasforma). A quel punto c'è una girandola di sostitiuzioni da una parte e dall'altra, ormai il match corre rapidamente verso la fine ed il risultato non è in discussione. Complice anche alcuni meccanismi saltati, l'Italia torna a farsi viva nella metacampo avversaria: gli azzurri cercano almeno una meta, arrivano alla touche sui 5 metri, ma commettono fallo e l'azione sfuma. C'è però tempo per altre due mete della Nuova Zelanda, entrambe portano la forma di Jordie Barrett ed entrambe beneficiano della trasformazione di Mo'unga.