Nonostante i 47 anni e mezzo Davide Rebellin non ha ancora nessuna intenzione di appendere la bicicletta al chiodo. Il corridore veneto si sta preparando alla sua 27° stagione nel ciclismo professionistico, nel quale debuttò nel lontanissimo 1992, subito dopo le Olimpiadi di Barcellona.

Rebellin correrà anche in questo 2019 con la squadra algerina Sovac, registrata come formazione continental e in cui è approdato nella passata stagione. Il tre volte vincitore della Freccia Vallone ha parlato a Tuttobici della sua voglia sempre intatta di allenarsi e di correre, ma anche del sogno di riavere quella medaglia d’argento conquistata alle Olimpiadi di Pechino e poi cancellata da un caso di doping molto discusso.

Rebellin, possibile futuro da CT

Per Davide Rebellin non è ancora arrivato il momento di chiudere la sua lunghissima carriera. Il veterano di San Bonifacio, classe ’71, sarà ancora in gruppo nel 2019 con la squadra algerina Sovac ed è ormai vicino al debutto stagionale, fissato per il 3 febbraio al Gp La Marseillaise, classica corsa d’apertura del calendario francese. Rebellin ha spiegato in un’intervista a Tuttobici di aver stretto un legame importante con il ciclismo algerino, tanto da ipotizzare un futuro da tecnico della nazionale.

“Faccio anche il direttore sportivo in corsa e c’è pure la possibilità che possa fare un giorno il CT della nazionale algerina” ha spiegato Rebellin, che intanto però ha ancora tanta voglia di pedalare e gareggiare in questa stagione che lo porterà a compiere 48 anni ancora nel Ciclismo professionistico.

“Quella medaglia la sento mia”

Rebellin ha raccontato di aver ancora almeno due sogni da realizzare. Il primo è quello di poter concludere la carriera disputando una grande corsa, un obiettivo difficile da concretizzare visto che con una squadra continental non può ambire ad essere invitato in gare del World Tour. Il secondo è invece quello di riavere la medaglia d’argento vinta alle Olimpiadi di Pechino 2008 e poi revocata per la positività al Cera, l’Epo di terza generazione, riscontrata in un riesame deciso molti mesi dopo rispetto alla gara.

Nel 2009 infatti il Cio decise di utilizzare nuove metodologie di analisi sui campioni prelevati durante i Giochi di Pechino e tra gli atleti che risultarono positivi ci fu anche Rebellin. Il corridore fu squalificato per due anni e la medaglia gli fu revocata, anche se Rebellin si è sempre difeso sostenendo che ci fossero state delle irregolarità nella conservazione dei campioni.

Nel 2015 poi il caso è tornato alla ribalta quando il Tribunale di Padova lo ha assolto dalle accuse di violazione della legge antidoping 376/2000, legate proprio alla positività di Pechino.

"Vorrei tornare in possesso della medaglia d’argento dei Giochi di Pechino: quella la sento assolutamente mia” ha dichiarato Rebellin, spiegando però che il percorso da seguire sarebbe particolarmente costoso, richiedendo delle perizie scientifiche molto complesse. “Dovrei ingaggiare luminari di grido per dimostrare diverse falle nella catena di custodia dei campioni, dimostrare che alcuni erano stati deteriorati e non più utilizzabili. Anche il metodo per trovare il Cera non era validato al tempo. Non è detto però che un giorno non decida di farlo” ha promesso il corridore veneto.