Una leggenda della boxe ne cita un'altra a cui si sente molto legato. Tocca il cuore l'intervento di Mike Tyson, ospite di Mike Rapaport su 'I Am Rapaport Stereo Podcast', per parlare ovviamente di pugilato e, in particolare, ricordare la figura iconica di Muhammad Ali. Iron Mike ad un certo punto non è stato in grado di trattenere le lacrime per la grande emozione e l'affetto nei confronti di colui che è stato un mito della sua adolescenza. Anche perché è stato ricordato un combattimento drammatico che ha visto protagonista il mitico campione scomparso quasi tre anni: la sua sconfitta contro Larry Holmes al Caesars Palace di Las Vegas, il 2 ottobre del 1980.

Un match che non doveva essere combattuto

Fu un match durissimo che in realtà, così come si è saputo negli anni successivi, non doveva essere disputato a causa delle condizioni di salute di Muhammad Ali che iniziava già a manifestare i primi sintomi del Parkinson. La malattia gli sarebbe stata diagnosticata poi nel 1984, ma stando a quanto dichiarato dal medico Ferdie Pacheco che all'epoca era all'angolo del pugile di Louisville, i colpi subiti negli ultimi combattimenti della carriera hanno accelerato il decorso della patologia dell'ex campione mondiale dei pesi massimi. All'epoca del match tra Ali ed Holmes, Mike Tyson aveva 14 anni. "Larry Holmes era un splendido pugile ed aveva un grande jab sinistro.

Era uno che non si arrendeva mai, duro come le unghie. Lo abbattevi, ma lui si rialzava e combatteva fino alla morte e questo lo aveva preso da Ali quando era il suo sparring. Quando io ho visto Ali, picchiato come un uomo vecchio, ero un ragazzino".

'Ali era disposto a morire per la boxe'

Tyson ripercorre i momenti più difficili vissuti da Muhammad Ali in quel combattimento come se lo stesse guardando per la prima volta: "Non ha intenzione di mollare, devi ucciderlo, non lascerà...

perché le stava prendendo in ogni round, Larry Holmes lo stava massacrando. Lui però non si sarebbe fermato e sarebbe rimasto sul ring a prenderle come un uomo, non avrebbe mai smesso". Fu infatti Angelo Dundee a gettare la spugna nel decimo round. "Lo ammiro tanto per quello che ha fatto, ma da essere umano dico solo che non è giusto ciò che è accaduto.

Doveva dire soltanto 'è finita, tornerò un'altra volta, ma oggi è finita, mi hai battuto'. Ho sempre pensato di essere un cattivo ragazzo, un malvagio figlio di put.... a cui non fregava un ca... Ma questa è invece la cosa in cui Ali mi sovrasta, perché non riesco a capire un uomo che è disposto a morire per questo (per la boxe, ndr)". A quel punto la voce di Tyson è rotta dalla commozione. Rapaport gli chiede il motivo per cui si senta così emotivamente coinvolto. "Ali è un gigante - risponde l'ex campione del mondo - e non c'è modo per nessun altro pugile di essere come lui. Lui sarebbe morto per questo, io no. Lui era selvaggio, un vero animale, una razza diversa di persona. Lui non era come noi".