È stata una brutta giornata di ciclismo quella che si è vissuta oggi al Giro d’Italia. La diciannovesima tappa è andata in scena in versione ridotta a causa di una clamorosa protesta dei corridori. Forse indotti da qualche capopopolo o da qualche squadra, i corridori si sono rifiutati di partire stamani da Morbegno lamentandosi per l’eccessiva lunghezza della tappa e per le condizioni meteo, in realtà non così proibitive. Alla fine l’organizzazione non ha potuto far altro che cedere e programmare una nuova partenza a metà del percorso originario, tagliando più di cento chilometri iniziali.

La corsa si è poi decisa con una fuga da lontano che ha premiato il ceco Josef Cerny, mentre il gruppo ha pedalato stancamente verso l’arrivo di Asti.

Giro, una giornata convulsa

Il terzultimo giorno di corsa del Giro d’Italia ha fatto parlare più per vicende extra agonistiche che per scatti e volate. La tappa doveva portare da Morbegno ad Asti su un percorso pianeggiante di 258 chilometri, ma poco prima della partenza i corridori si sono rifiutati di prendere il via portando come motivazioni la lunghezza eccessiva della tappa e il clima avverso.

Il protocollo che regola lo svolgimento delle corse in caso di condizioni meteo difficili permette l’annullamento o l’accorciamento in casi ben definiti, per neve, pioggia ghiacciata, temperature troppo basse, vento troppo forte o inquinamento. A Morbegno i corridori hanno trovato una temperatura tutto sommato gradevole, tra i dieci e i quindici gradi, e un po’ di pioggia, condizioni che non avrebbero potuto portare all’annullamento o al cambiamento del percorso.

Di fronte all’ostinazione dei corridori, o almeno di alcuni di essi, e del loro portavoce Adam Hansen, l’organizzazione ha dovuto cedere e programmare in fretta e furia un piano B. Tutto è stato spostato ad Abbiategrasso con un veloce trasferimento finché alle 14:30 la corsa ha potuto prendere il via su un percorso tagliato di soli 124 chilometri.

In una giornata che si è fatta convulsa, tra polemiche e accuse reciproche, il direttore del Giro Mauro Vegni ha promesso una coda a quanto accaduto oggi, per capire le vere responsabilità della protesta e farne pagare le conseguenze.

Va ancora la fuga

A conclusione di una giornata in cui i corridori hanno confezionato un pessimo spot per tutto il mondo del ciclismo, la corsa non ha poi regalato grande spettacolo. Alle prime pedalate Victor Campenaert ha lanciato il primo attacco sul quale si è poi formata una fuga di quattordici corridori, comprendente anche Jacopo Mosca, Giovanni Carboni, Simon Pellaud, Etienne Van Empel, Josef Cerny, Iljo Keisse, Simon Clarke, Sander Armèe, Albert Torres, Alex Dowsett, Nathan Haas e Marco Mathis.

La Bora di Peter Sagan ha inseguito con decisione per qualche decina di chilometri, poi non trovando collaborazione dalle altre squadre dei velocisti ha desistito e il gruppo ha proseguito ad andatura ridotta. La vittoria di tappa si è quindi giocata tra i battistrada. Campenaerts ha riaperto la bagarre iniziando a scattare ad una trentina di chilometri dal traguardo, ma è stato il ceco Josef Cerny a trovare il tempo giusto per partire da solo a 22 chilometri dall’arrivo. Sfruttando le sue buoni doti di passista il corridore della CCC ha guadagnato rapidamente una quarantina di secondi di margine e il tentativo solitario di rincorsa di Campenaerts si è rivelato insufficiente e tardivo. Cerny ha così conquistato il successo ad Asti, con Campenaerts al secondo posto e Mosca al terzo, vittorioso nella volata tra gli altri fuggitivi.

Il gruppo è arrivato a più di undici minuti, con la classifica invariata in attesa della tappa di domani che propone l’ultimo arrivo in salita al Sestriere.