A seguito della sentenza n.37/2015 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'attribuzione dell'incarico degli 800 dirigenti dell'Agenzia delle Entrate - assunti senza concorso pubblico grazie ai DL n.16/2012, n.150/2013, n.192/2014, i quali proprio perché contenevano una serie di proroghe alla regola del concorso per l’accesso alle cariche pubbliche sono caduti sotto la scure dell’illegittimità costituzionale per violazione dell'art 97 della Costituzione -, gli eruditi del diritto sugli effetti e sulle conseguenze della pronuncia costituzionale si sono divisi.

L’oggetto del contrasto è circoscritto in particolare agli effetti degli atti firmati dagli ex dirigenti e alla validità di quegli atti delegati alla firma di altri funzionari.

Giurisprudenza obbediente alla pronuncia della Corte Costituzionale

Una parte della giurisprudenza ha pedissequamente seguito il principio di diritto della Consulta e di conseguenza ha ritenuto che almeno una parte degli atti sottoscritti direttamente dai dirigenti decaduti sono da ritenersi come nulli per mancanza di sottoscrizione. Ne discende inoltre, a parere di questi giudici di legittimità, che la sottoscrizione dell'avviso da parte di un funzionario non validamente ed efficacemente delegato, o da parte di funzionario diverso (il capo dell'ufficio emittente) da quello competente a sottoscriverlo, sono da ritenersi nulli perché violano l’art 42 del DPR 29 settembre 1973 n.

600, che disciplina l’accertamento delle imposte sui redditi.

Recente inversione di tendenza di una parte della Cassazione

La Corte di Cassazione, con tre recentissime sentenze, tra cui la n.22800 del 09.11.2015, sembra aver mutato indirizzo giurisprudenziale, in particolare ritenendo che gli atti impositivi non possono essere considerati tout court automaticamente nulli.

Le pronunce aprono la strada verso una non più agevole possibilità di eccepire, in sede di ricorso contro gli atti impositivi, il vizio di sottoscrizione degli stessi. In particolare con la decisione n.22800, i giudici di legittimità hanno affrontato la questione circa la competenza o meno per un impiegato della carriera direttiva (funzionario della terza area), delegato dal capo dell'ufficio, di sottoscrivere un'avviso di accertamento tributario.

Il nocciolo della questione, a detta degli ermellini, è l’individuazione di quelli che sono gli impiegati alla carriera direttiva cui il capo ufficio può delegare la sottoscrizione dell’avviso di accertamento. Proprio perché tale, e che costituisce la più complessa espressione del potere impositivo, incidendo con particolare profondità nella realtà economica e sociale, è necessario che chi lo firmi sia pienamente legittimato. Le qualità professionali di chi emana l’atto quindi costituiscono una essenziale garanzia per il contribuente.

La Corte di Cassazione in particolare precisa che l’espressione impiegato della carriera direttiva non equivale a dirigente, ma equivale ad un funzionario della terza area.

Conclude poi statuendo che, poiché non appare necessario che il funzionario delegato alla sottoscrizione possieda la qualifica dirigenziale, gli avvisi sono da ritenersi legittimi. E’ indispensabile però che egli sia appartenente alla “carriera direttiva”. Non assume rilievo quindi l’eventuale illegittimità in capo all’ufficio delegante della qualità di dirigente. Per info in materia fiscale premi il tasto segui accanto al mio nome.