Molto spesso può succedere che marito e moglie abbiano una residenza anagrafica diversa.Ciò accade perché per esigenze lavorative sono costrette a vivere appunto in città e in case diverse. Sebbene il codice civile impone l’obbligo della coabitazione che valorizza l’unità familiare intesa come progetto comune di vita, occorre tenere ben distinta l’ipotesi della violazione dell’obbligo di coabitazione dal fatto di avere residenze diverse.

L’esistenza di una residenza diversa, infatti, non può mai comportare costituire causa di addebito della separazione che può presupporre invece la violazione di tale obbligo di coabitazione, dato che non implica l’assenza di unità familiare.

I coniugi quindi ben possono avere residenze diverse in abitazioni diverse qualora appunto sussista un valido motivo lavorativo.

Ne consegue che se uno di essi chiede all’anagrafe di spostare la propria residenza, l’ufficiale preposto registrerà il coniuge richiedente la residenza diversa, senza poter opporre alcun rifiuto. Ma quali sono gli effetti sulle Tasse? A tale domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente sentenza, la numero n. 13334/2016 che ha statuito che la residenza della famiglia assume notevole rilievo a fini fiscali

Residenze diverse: ecco quali sono gli effetti sulle tasse

La Corte di cassazione ha appurato che una prima questione attiene a quale immobile si deve considerare "abitazione principale" per usufruire delle agevolazioni Imu e Tasi accordate sulla prima casa, oltre che dell'Iva al 4% oppure dell'imposta di registro al 2%.

La legge stabilisce che si considera "abitazione principale" il luogo dove i coniugi hanno la residenza anagrafica e la dimora abituale. Nello specifico il bonus prima casa in particolare si può ottenere nel comune

  • dove si ha già la residenza oppure in quello in cui viene fissata la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito d’acquisto;
  • o nel Comune in cui l’acquirente svolge la propria attività di lavoro o in cui ha sede il datore di lavoro dell’acquirente;

Secondo la Cassazione quando i coniugi possiedono 2 residenze nello stesso comune, si considerata abitazione principale solo uno dei due immobili, mentre sull’altro andranno pagate regolarmente Imu e Tasi.

Occorre però che in tale comune la famiglia abbia la sua residenza e che si tratti di un acquisto ricadente sotto il regime di comunione legale dei beni.

Se invece i coniugi hanno 2 residenze in comuni diversi, entrambe le case possono essere riconosciute come abitazioni principali: non c’è rischio di elusione della legge, poiché si presume che uno dei coniugi si è dovuto trasferito in un’altra città per motivi lavorativi.

Nel caso in cui l’immobile sia stato acquistato da una coppia di coniugi in comunione dei beni, quindi anche il coniuge che non ha la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto agevolato può usufruire del bonus prima casa. Gli Ermellini sono arrivati a tale conclusione ricorrendo al concetto di “residenza della famiglia” in quanto soggetto autonomo rispetto ai coniugi essendo irrilevante che uno dei coniugi abbia altrove la propria residenza.