La Corte di Cassazione, recentemente, ha emesso l'Ordinanza n° 21626/2019 pubblicata il 22 agosto 2019. In essa il Supremo Collegio ha fornito ulteriori chiarimenti circa il principio di non dispersione della prova nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. In sintesi, la Corte di Cassazione ha affermato che i documenti allegati al decreto ingiuntivo, dato che devono essere nella piena disponibilità e cognizione del giudice, non possono essere considerati "nuovi" in un eventuale giudizio di opposizione.

I fatti che hanno dato luogo al giudizio della Corte

La Corte di Cassazione si è trovata davanti al ricorso di un privato creditore di una Srl. In primo grado, infatti, accogliendo le ragioni del creditore il Tribunale di Sassari aveva emesso decreto ingiuntivo nei confronti della Srl. La Corte d'Appello di Cagliari, invece, riformava la sentenza di primo grado. La Corte d'Appello ha motivato la sua decisione sostenendo che non era esercitabile il potere previsto dall'articolo 421 c.p.c. Tale norma disciplina i poteri istruttori del giudice che può assegnare un termine diverso per sanare eventuali irregolarità degli atti o dei documenti prodotti durante il dibattimento. Ma trattandosi di rito giuslavoristico tale potere non poteva esercitarsi.

Di conseguenza, la Corte d'Appello ha rigettato il ricorso sulla base che sarebbe intervenuta la decadenza in quanto la documentazione necessaria non sarebbe stata prodotta nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo nei termini di rito. Il privato creditore della Srl ha quindi presentato ricorso per Cassazione.

I motivi della decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha considerato fondato il ricorso presentatole confermando un orientamento giurisprudenziale di legittimità consolidato da tempo. Il Supremo Collegio, infatti, ha fatto innanzitutto riferimento al fatto che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo vi è mancanza di autonomia tra il procedimento che si apre con il deposito del ricorso monitorio e il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo disciplinato dall'articolo 645 c.p.c.

Di conseguenza, non ci si trova di fronte a due procedimenti differenti, ma a due fasi distinte del medesimo giudizio. Per essere precisi, i documenti allegati al ricorso monitorio e depositati nella cancelleria del Tribunale adito fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto d'ingiunzione, come previsto dall'articolo 638, comma 3, c.p.c, e a disposizione della controparte, non possono essere considerati "nuovi".

Perciò, secondo il ragionamento della Corte, nel caso siano depositati nel giudizio di appello devono essere ritenuti ammissibili. Infatti, per il Giudice di legittimità la produzione di tali documenti non soggiace alla preclusione indicata dall'articolo 345, comma 3, c.p.c. cioè la non ammissibilità di nuovi mezzi di prova a meno che la parte dimostri di non avere avuto la possibilità di produrli nel giudizio di primo grado.

Di conseguenza, tali documenti devono essere nuovi in relazione all'intero processo e non solo ad una sua parte o fase. Per giustificare questa interpretazione la Cassazione fa riferimento ai principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata. Tali principi implicano che le prove acquisite al processo devono ritenersi acquisite in via definitiva. E tale orientamento vale anche per i documenti che una volta acquisiti al processo devono rimanere disponibili alla cognizione del giudice. Tale principio di "non dispersione della prova" vale tanto più nel procedimento per decreto ingiuntivo dove i documenti prodotti devono rimanere nella cognizione del giudice anche nella eventuale fase di opposizione. Per tali motivi il ricorso del creditore è stato accolto e la sentenza della Corte d'Appello cassata.