E con la quinta stagione anche Person of Interest si è conclusa – proprio in questi giorni la stanno trasmettendo su Mediaset Premium ed è una buona occasione per godere di un’ottima serie e del suo buonissimo doppiaggio in Italiano. Serie stabile nella trama e nei toni che non ha subito scivoloni né alti e bassi di qualsiasi tipo lungo lo snodarsi degli eventi e delle stagioni, Person of Interest si è guadagnata la sua solida base di sostenitori, pur rimanendo una cosiddetta serie di nicchia – aspetto che non è necessariamente un elemento negativo.

Idea decisamente geniale che parte da uno dei timori più radicati nell’uomo moderno, lo spunto da cui parte POI è una trama sfruttata a dovere dagli autori e approfondita a 360° in un ciclo che ha trovato una conclusione degna ed di impatto nella finale della quinta stagione. Intelligente anche l’apertura che lo caratterizza – un possibile spin off o solo un espediente per un happy ending nella mente degli spettatori che non si sentono abbandonati a sé stessi ma sanno di poter contare su un angelo anonimo nelle loro vite?

Una avvincente trama orizzontale che si sviluppa a dovere tra etica, moralità del singolo e sacrificio della collettività in una visione viva e mutevole sui perché della modernità in un’epoca post 11 settembre.

E meravigliosi sono anche i personaggi, così belli e definiti nei loro pregi e difetti da uscire dallo schermo e suscitare paure, sentimenti di rassicurazione e persino momenti di comicità – merito non solo degli autori ma anche di attori eccezionali ben coordinati con i loro alter ego.

Un aspetto che colpisce è la determinazione di ogni evento e il perfetto incastrarsi di ogni elemento fino al raggiungimento di un puzzle perfetto che si schiarisce sempre di più in vista della fine.

La quinta stagione si apre con la rinascita della macchina e l’inevitabile reunion della squadra, Mentre per Reese, Finch e Root il riunirsi per la macchina è immediata e scontato, così non è per Fusco, che dopo anni di cieca lealtà ha adesso bisogno di risposte. Sarà Reese a fornirgli la verità di cui Lionel ha bisogno e a investirlo a pieno titolo del ruolo di compagno.

La situazione di Shaw è ancora diversa. Tutti speravano che fosse ancora viva e così è stato – ovviamente – ma la ritroviamo prigioniera di Samaritan e in preda alle torture più disparate e lavaggi del cervello. Bellissimo l’episodio nella mente di Shaw, una puntata preziosa che rimarrà sicuramente una delle più interessanti perle di sci-fi di tutti i tempi. Shaw riesce a ricongiungersi con i suoi compagni – e con Root in particolar modo. Ma il destino è crudele e separa le due donne, Root infatti muore poco dopo, pur restando nella voce che la macchina sceglie di assegnarsi. La quinta stagione è anche la risoluzione del conflitto interiore di Finch tra etica del giusto e morale umana: mentre in passato limitava la macchina perché non riusciva ad abbandonarsi completamente all’idea di un dio artificiale e onnipotente, ora riesce finalmente a comprendere la sua estrema e necessaria presenza e la libera.

Tanti scontri e battaglie da vincere, e poi l’ennesimo ostacolo da superare: un virus che se da un lato può uccidere Samaritan, dall’altro rischia di eliminare per sempre la macchina. Il piano di Finch funziona: Samaritan e Greer sono sconfitti, e purtroppo perde la vita anche Reese per salvare il suo amico Harold, ricambiando così il favore di avergli restituito una vita degna di questo nome. Le lacrime non basteranno per la scena finale in cui la macchina parla con la voce di Root che dichiara che tutti muoiono da soli, ma nessuno muore finché resta nel cuore di qualcuno.

Finale felice per Finch che ritrova Grace in Italia, e per la macchina che si salva dal virus letale e continua il suo lavoro: un telefono squilla vicina a Shaw. Chiariti anche i dubbi sul destino delle altre città, la macchina è attiva in ogni dove con altri suoi aiutanti. Insomma, un finale da lode per una serie eccezionale come poche.