Con la vittoria di Ermal Meta e Fabrizio Moro, si è conclusa l’ultima edizione del Festival di #Sanremo2018. La direzione artistica di Claudio Baglioni, merita il plauso per aver riportato sul palco, la vera protagonista della manifestazione: la musica. Grandi nomi da Sting a Laura Pausini, passando da Gino Paoli a James Taylor; gli artisti in gara hanno regalato al pubblico pezzi di qualità, dal testo alla melodia, apprezzabili anche nei duetti, tra i quali spiccano l’usignolo Serena Rossi che affianca Renzo Rubino, lo stile raffinato di Sergio Cammariere con Nina Zilli e Ron che presenta un inedito del grande Lucio Dalla insieme ad Alice.

Canzoni che ricorderemo a lungo, come la spassosissima “Una vita in vacanza” de Lo stato sociale con tanto di coreografica “vecchia che balla”, campionessa di salsa acrobatica Paddy Jones e il rimando alla pittrice messicana Kahlo di The kolors con “Frida (mai,mai,mai)”.Più di tutto, questo Sanremo passerà alla storia come tappa del tour di Baglioni; riproponendo metodicamente buona parte dei suoi successi, pure in duo con i malcapitati Gianna Nannini e Piero Pelù e spacciandoli maldestramente per improvvisate, diventa bersaglio di sfottò in diretta ma soprattutto sui social network. Temutissime le pause tecniche di ripristino palco: in un lampo chitarra al collo e vai di assolo con tanto di acuti strascicatissimi, al limite del collasso.

Sicuramente deliziati i fans. Palpabile difficoltà nel rispettare i tempi televisivi, mancanza di enfasi e percezione del momento, che confezionano una conduzione stantia che impedisce perfino di godere l’emozione della proclamazione dei vincitori.

Favino sex symbol di carattere

Tutt'altro discorso per Favino. L’attore parte impacciato ma recupera terreno velocemente, trova sintonia con Michelle Hunziker e supporta il Baglioni incagliato.

La presenza scenica di Pierfrancesco alleggerisce le incertezze, coadiuvata da imitazioni e battute salvifiche mai fuori luogo che ne confermano il talento, tanto da vociferare sul bis per la prossima edizione. Si cimenta perfino in un balletto semi-serio sulle note di “Despacito”: il sex symbol consacrato anche agli occhi dei più scettici, ironizza con la moglie in sala, parafrasando il siparietto familiare della Hunziker, incorniciato da fiori, bacio e focaccia imbottita offerta pure all’imbarazzata figlia.

Non pago, interpreta magistralmente il monologo “La notte poco prima delle foreste”dal dramma di Bernard-Marie Koltès, commuovendosi ma soprattutto incollando alla seggiola pubblico in sala e a casa, in religioso silenzio. Con la sua dirompente ironia, si lascia coinvolgere dai geniacci The Jackal; sui social l’hashtag #gnigni diventa virale in poco tempo e infetta addirittura lo straordinario Maestro Peppe Vessicchio! Per tutta ragione, le quotazioni Favino si impennano al pari dello share.

La quota rosa del Festival piace, convince e manda a casa il ruolo della valletta

I fiori di Sanremo si vestono di significativo impegno contro la violenza sulle donne: Michelle Hunziker fondatrice insieme all’avv.

Giulia Bongiorno di Doppia Difesa, porta tra le mani ogni sera un fiore bianco simbolo di questa battaglia ancora aperta, imitata dagli artisti in gara. Stona però il suo omaggio alle donne, pare in realtà una forzatura; dure le critiche da parte di altre associazioni.

Eppure la sua è una conduzione che convince, la quota rosa al Festival smette di essere relegata al ruolo minore di valletta e prende le redini, corre e stravince. Sorride ma non troppo, è elegante, sensuale e spiritosa. Di incantevoli mise vestita, sfoggia con orgoglio creazioni dei migliori stilisti italiani quali Armani, Trussardi, Alberta Ferretti e Moschino. Piccoli intoppi superati brillantemente, senza imbarazzanti silenzi da recupero; si presta come spalla per poi riprendere i suoi spazi.

Riesce a contenere gli eccessi ai quali ci ha abituati nelle trasmissioni che l’hanno vista protagonista, mantenendo la sobrietà necessaria all’Ariston. Viene voglia an ne di difenderla quando, amabilmente viene presa di mira dai colleghi o additata dai criticoni dell’ultimo minuto.

Impossibile non perdonarle qualche balbettio e diverse parole biascicate, probabilmente derivate da una simultanea traduzione dal tedesco all’italiano. Precisa (forse troppo?) spesso le origini svizzere. Michelle ça va sans dire, rapisce per fascino e talento ormai indiscusso, che la proclamano regina di questo e forse di futuri Sanremo.

Malinconicamente diamo appuntamento al prossimo anno, sicuri che il toto-nomi per l’edizione 2019, ci farà sentire meno soli.