Gabriele Parpiglia, giornalista e autore televisivo, ha raccontato la sua storia di ansia, depressione, attacchi di panico. Lo ha fatto attraverso un libro: "Sotto attacco di panico. La mia storia, il mio burnout, la mia ripartenza" (Mursia Editore), diventato in poche settimane un caso editoriale, primo in classifica nella sezione Biografie e sul podio dei Best Seller di Amazon. Inoltre, il giornalista ha rilasciato un'intervista a Leggo, parlando dei retroscena dei suoi anni delicati fuori dai gossip e dalla televisione e dell'importanza di parlare della salute mentale anche all'interno delle scuole.

Il momento di consapevolezza di Parpiglia degli attacchi di panico

Gabriele Parpiglia ha raggiunto il momento di consapevolezza dei suoi attacchi di panico – quello che lui definisce il suo switch-off – durante un incontro con la dottoressa Anna Rita Verardo, esperta di EMDR, che lo colpì con una semplice frase: "Tu pensi di andare a mille ma in realtà sei sotto mille". Parole che lo hanno “squarciato”, facendolo crollare in un pianto liberatorio, senza neanche sapere perché.

Prima di quel giorno, gli attacchi di panico erano già presenti. Ma nella mente dell’ipocondriaco Parpiglia – che si definisce ironicamente “medico mancato” – tutto sembrava sotto controllo: sei farmaci al giorno, ritmi sregolati, un lavoro opprimente, decisioni prese ignorando il proprio corpo.

"Era regolare tutto ciò che era irregolare", ha raccontato il giornalista. Un vortice alimentato dalla pressione, dalla negazione, dal bisogno di mostrarsi sempre efficiente.

I momenti più bui

Nel libro, Parpiglia parla apertamente dei momenti in cui ha toccato il fondo. Due in particolare lo hanno segnato. Il primo, la morte di Maurizio Costanzo, che lo ha spinto a fuggire a Ibiza, dove ha compiuto gesti autodistruttivi. "O risalivo dalle sabbie mobili, o sparivo", ha dichiarato senza mezzi termini.

Il secondo, un episodio quasi tragico: ha rischiato di avvelenarsi ingerendo per errore un liquido corrosivo scambiato per un farmaco. Ricovero d’urgenza, esami invasivi, il rischio di danni irreversibili.

"Mi sono risvegliato in ospedale. Due giorni dopo ho buttato via tutte le medicine", ha confidato il giornalista.

Accettare le cure non è stato difficile per lui: "L’ipocondriaco vede nei farmaci la salvezza", ha ammesso. Ma il percorso è stato lungo e complesso. Tre anni e mezzo di terapie, alti e bassi, "sliding doors" e lutti. E se oggi sta meglio, è anche grazie a esperienze nuove e rigeneranti come i viaggi: New York, l’Islanda, luoghi che rappresentano per Parpiglia una rinascita, una fuga simbolica e concreta da una vita che prima non gli apparteneva.

C’è però una nota amara che torna spesso nelle parole di Parpiglia: la consapevolezza di aver potuto accedere a cure costose che non sono alla portata di tutti.

"Non è giusto", ha sottolineato.

"La salute mentale dovrebbe essere un diritto accessibile". È anche per questo il giornalista che ha deciso di esporsi: per rompere il tabù, per dare voce a chi non riesce a dire "sto male", per lottare contro la vergogna e lo stigma.

Salute mentale nelle scuole: una battaglia necessaria

Oggi Gabriele Parpiglia ha una missione chiara: portare l’educazione alla salute mentale nelle scuole. "Non è accettabile che a scuola ci sia un’ora di religione e nessuna dedicata alla salute mentale. Lo dico da credente", ha affermato. Inoltre ha aggiunto che troppe tragedie hanno radici nella fragilità mentale, e che intervenire prima, anche solo salvando una vita, può fare la differenza.

Per questo Parpiglia ha iniziato un percorso di contatti, proposte e idee, con l’obiettivo di portare la sua esperienza nelle aule scolastiche.

Da quando ha iniziato a parlare pubblicamente del suo disturbo, Parpiglia riceve centinaia di messaggi al giorno. Lettere, email, confessioni di perfetti sconosciuti che trovano più semplice parlare con lui che con i propri familiari. Segno che il bisogno di ascolto è enorme, così come la mancanza di spazi sicuri e competenti per affrontare questi temi.

Gabriele Parpiglia e la sua rinascita

"Il panico sarà sempre con me", ha concluso Gabriele Parpiglia. Non è più la persona di un anno fa. Ha imparato a riconoscere i segnali del proprio corpo, a scendere dalle “navi che affondano” prima che sia troppo tardi.

Ha fatto pace con la sua fragilità e la trasforma ogni giorno in una forza. E soprattutto, ha scelto di condividerla, perché nessuno debba più sentirsi solo davanti a un nemico invisibile.