Uno dei temi più dibattuti all’interno del conflitto Scuola famiglia riguarda i compiti a casa. Genitori che li bramano come fossero l’unica testimonianza del buon funzionamento della scuola scelta per i loro figli, altri che li detestano, che protestano, che giudicano la scelta dei docenti.
Ma qual è il senso del compito a casa?
Sicuramente quello preparare gli alunni allo studio individuale, stimolandoli alla revisione dei contenuti proposti in classe, allenandoli per un’automatizzazione delle strumentalità di base.
Quindi questi compiti dovrebbero esclusivamente essere attività già svolte in aula, che i bambini e i ragazzi ricontrollano tra le mura domestiche, attraverso una rilettura, una verifica della propria comprensione, una riconnessione con quanto precedentemente appreso. Il compito a casa dovrebbe sostenere la consapevolezza del proprio apprendimento ( “Oggi ho imparato …”; “ho capito che …”; “sapevo … ora so anche …”, ecc.).
Qual è il giusto tempo da dedicare ai compiti?
Il compito a casa non deve richiedere ore ed ore di applicazione, ma tempi abbastanza brevi che, naturalmente, variano a seconda della classe frequentata e sarebbe auspicabile che non invadessero il fine settimana, per consentire esperienze di arricchimento da trasferire, eventualmente, anche in classe.
Per i più piccoli non più di quaranta minuti (al massimo un'ora) ma solo i giorni in cui non c’è tempo prolungato. I più grandi possono dedicare sicuramente tempi più lunghi, in relazione alla classe frequentata, ma gli insegnanti dovrebbero tener conto della continuità e dei livelli di attenzione che ogni età possiede. Richiedere tempi di applicazione eccessivi non porta a nulla di buono, anzi, uccide la motivazione. Ha più senso un’attività di un’ora svolta con partecipazione piuttosto che ore e ore a sbadigliare, lamentarsi, fantasticare e divincolarsi sulla sedia.
Da soli o con l'aiuto degli adulti?
E' importante che i genitori non si sostituiscano ai figli, ma siano loro di aiuto solo quando ce n’è bisogno.
Ci sono genitori che non li mollano un istante, che pongono eccessiva attenzione alle prestazioni, alle verifiche, ai voti ottenuti, incrementando così un livello di ansia e di insicurezza, che, senz’alto, penalizza i risultati; altri invece che se ne disinteressano troppo.
Dove fare i compiti?
E' utile cercare insieme l’angolo più giusto per fare i compiti; può essere la cameretta o uno spazio organizzato che garantisca tranquillità e possibilità di concentrazione. Quando il bambino lavora non devono esserci stimoli distraenti, come il televisore acceso o giochi sparsi nelle vicinanze o persone che circolano nell’ambiente.
In che orari?
Stabilire un orario fisso insieme ai bambini aiuta a creare una sana abitudine e a sentire meno penalizzante l’impegno da portare avanti. È da evitare il prolungamento del compito in orari non consoni; il dopocena deve essere un momento dedicato alla vita familiare e alla preparazione che serve per andare a dormire; a questo proposito Il sonno notturno è fondamentale, perché garantisce la “ricarica” di energie utili per il giorno successivo.
E se i figli manifestano difficoltà?
È con gli insegnanti che, su questo tema, i genitori devono confrontarsi; i commenti in presenza dei figli sono assolutamente da evitare.
I compiti non devono essere causa di conflitto, altrimenti, come spesso accade, si vivono momenti di tensione, che prolungano i tempi di lavoro, che disperdono energie, che tolgono valore all’attività stessa. Un’eccessiva pressione psicologica provoca nei bambini atteggiamenti di rifiuto, scoraggiamento, senso di inadeguatezza; un clima pacato e valorizzante aiuta i figli a portare avanti il proprio impegno con piacevolezza, poiché essi si sentono sostenuti e incoraggiati nel loro apprendimento. La buona relazione tra insegnanti e genitori permette di monitorare l’esito del lavoro a casa, non solo in relazione al rendimento, bensì al processo di crescita globale degli alunni.