E’ questa la ricetta infallibile del capitalismo industriale e finanziario: tartassare la forza Lavoro, sacrificarla alle leggi di una produttività sempre efficiente, costante e senza falle. Spremerla fino al punto di lederne non solo la dignità, ma addirittura le esigenze fisiologiche, rivendicando la naturalezza di una tale condotta vessatoria sulla stessa naturalezza dei bisogni umani.
Tutto è accaduto lo scorso 7 febbraio, in provincia di Chieti.
Alla Sevel di Atessa (gruppo Fiat Chrysler), uno degli stabilimenti FCA (Fiat Chrysler Automobiles) più grandi di Italia, evidentemente non è concesso allontanarsi dalla catena di montaggio. Anche se in ballo c’è il sacrosanto diritto di usare i servizi.
E così un operaio finisce per farsela addosso mentre sta lavorando. Letteralmente.
Raccontata così, sembra una storia uscita dalla penna di Emil Zola, solo che era il 1884 quando le vicende del sindacalista-rivoluzionario Etienne Lantièr furono pubblicate per la prima volta.
Eppure, il fatto che un lavoratore di una delle industrie più importanti del paese sia costretto a restare al proprio posto e a urinarsi addosso è una narrazione che appartiene alla realtà attuale e che si infila con prepotenza tra le righe della cronaca di questi giorni.
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In molti hanno provato in queste ore a intervistare l’operaio protagonista dell’incresciosa vicenda.
Ma, comprensibilmente, l’uomo ha più volte rifiutato di parlarne, dirottando le domande al suo avvocato. L’umiliazione è scottante, è troppa per poterne discutere a cuor leggero. Effettivamente, si stenta a credere che chiedere per oltre mezz’ora di andare in bagno, vedersi negato il permesso ed espletare i propri bisogni in postazione di lavoro pur di non far inceppare il meccanismo oliato della produttività siano cronache del ventunesimo secolo.
“L’episodio varca ogni limite della decenza”, scrive l’Usb di Chieti all’indomani dell’accaduto, “un fatto gravissimo che lede la dignità del lavoratore vittima dell’episodio e quella di tutti i lavoratori in generale.
Pretendiamo che situazioni simili non si ripetano più”.
A seguito del comunicato sindacale, non si sono fatte attendere le scuse ufficiali della direzione della Sevel di Atessa. Evidentemente, però, le scuse non sono bastate. Infatti Gianni Melilla, deputato di Sel-Sinistra Italiana, è subito intervenuto in merito alla questione, sottolineando che democrazia e diritti “non possono fermarsi davanti ai cancelli di una fabbrica e anche alla catena di montaggio, dove i lavoratori non devono essere umiliati”. Viene poi richiesto un intervento del premier Gentiloni, affinché possa richiamare “la multinazionale FCA al rispetto della dignità dei suoi lavoratori”.
Se si avverte ancora il bisogno di richiamare i datori di lavoro al rispetto degli operai, è evidente che mentre la macchina della produttività continua imperterrita a lavorare, qualcosa si è inevitabilmente inceppato in quella del progresso umano e civile.
Qualcosa che va riparato, e al più presto.