Passo avanti per la ricerca italiana: uno studio condotto da un team di scienziati dell'Università di Trento potrebbe rivelarsi la svolta per la cura delle malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson, l'Alzheimer o la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Tale studio infatti ha permesso di rilevare un 'interruttore' molecolare che, per usare una metafora, potrebbe 'spegnere' i sintomi delle malattie neurodegenerative.
I risvolti rivoluzionari di tale ricerca, pubblicata dalla rivista scientifica 'Neuron', sono stati presentati al Convegno annuale dei ricercatori di Telethon di Riva del Garda, tenutosi quest'anno dal 9 all'11 marzo.
La scoperta dell'interruttore molecolare ha avuto origine da una ricerca condotta sul moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, per lo studio di una malattia neurodegenerativa molto rara, l'atrofia muscolare spinale bulbare, più comunemente nota come malattia di Kennedy. Questa si manifesta in età adulta e tra le malattie poliglutammine (cioè un gruppo di malattie affini per la presenza di proteine mutate che contengono ripetizioni anomale dell'amminoacido glutammina) rappresenta un caso davvero unico: essa, infatti, colpisce solo gli individui di sesso maschile.
I ricercatori hanno scoperto che le cause della malattia sono riferibili a una mutazione del cromosoma X che provoca l'atrofia dei muscoli facciali e degli arti inferiori.
La biologa Maria Pennuto, esperta del Centre for Integrative Biology (CIBIO) dell'Università di Trento e coordinatrice dello studio, spiega che l'atrofia muscolare spinale bulbare è causata da un'alterazione del recettore per gli ormoni androgeni, una proteina situata sia nei testicoli che nei neuroni che comandano il movimento e nei muscoli. Nello studio viene spiegato che l'enzima PRMT6 (protein arginine methyltransferase 6) attiva il recettore mutato più di quello normale: i ricercatori sono riusciti ad identificare proprio il punto preciso in cui le due molecole interagiscono, cioè il meccanismo attraverso cui l'enzima PRMT6 attiva il recettore e il sito in cui lo modifica.
Si è giunti quindi alla dimostrazione che, spegnendo questo interruttore molecolare, si può ottenere l'attenuazione dei sintomi della malattia.
Gli studiosi dell'Università di Trento spiegano che un sito simile a quello che viene modificato nella malattia di Kennedy è presente anche in altre malattie neurodegenerative (come appunto il Parkinson, la malattia di Huntington e l'atassia spinocerebellare di tipo 1), e che il meccanismo rintracciato può avere una parte importante anche nella comparsa di queste patologie. La Pennuto si mostra fiduciosa sulle conseguenze che tale scoperta potrebbe comportare, e dichiara: "se altre ricerche confermeranno la nostra intuizione anche nelle altre malattie potremmo puntare a sviluppare nuovi farmaci molecolari''.