I dati sugli asili nido in Italia testimoniano un nettissimo divario tra Nord e Sud: i bimbi da zero a due anni che frequentano asili nido comunali o comunque finanziati da Comuni sono pari al 17,5% nelle regioni del Centro Italia, al 17,3% al Nordest, mentre le regioni del Sud fanno registrare solo il 3,6%.

Questi risultati sono ampiamente giustificabili se si tiene conto dell''offerta' di strutture: se al Nordest il 76,3 per cento dei Comuni sono in grado di offrire almeno un asilo nido o altri servizi socio educativi per la prima infanzia, al Sud, addirittura, la percentuale si attesta al 22,5 per cento.

Il record negativo spetta alla Calabria dove solo 8 Comuni su 100 hanno un asilo nido con soli due bambini (ripetiamo due) su 100 che li frequentano.



Il problema è che tanto è più ampio questo divario tra Nord e Sud, sul piano delle strutture esistenti e delle iscrizioni, quanto più ampie sono le differenze delle risorse date ai Comuni per gli asili nido. Ci sono moltissimi Comuni del Sud che, in questo momento, ottengono 'zero' risorse proprio perchè non esiste nemmeno una struttura e Comuni del Nord, a parità di abitanti, che possono beneficiare di abbondanti risorse. Basti pensare ad esempio ai casi di Modena e di Reggio Calabria: stesso numero di abitanti, ma il comune emiliano può disporre di risorse venti volte superiori rispetto a quello calabrese.   Il problema è che, andando avanti di questo passo, il 'gap' tra Nord e Sud sarà destinato inevitabilmente a salire vertiginosamente.

Quale potrebbe essere una soluzione? Per esempio una nuova legge, che obblighi lo Stato a garantire un asilo nido almeno ad un terzo dei bambini del nostro Paese, così come previsto dal Consiglio della Comunità europea. La senatrice Francesca Puglisi ha già provato a condurre questa battaglia, ma dopo aver raccolto a favore moltissime firme, la sua proposta sembra essersi bloccata. In regioni come l'Emilia Romagna, la Toscana e la Lombardia, dove le donne lavorano di più, si è già raggiunto un livello ottimale. Al Sud, invece, dove le donne, nella maggior parte dei casi sono casalinghe, le strutture sono poche e malfunzionanti.