La morte come unica via di scampo e salvezza da un tunnel oscuro senza uscita, da un'esistenza che, per quanto lei si sia impegnata a cercarlo, non ha mai trovato il suo senso più profondo se non nella sua stessa negazione. Fino alla scelta estrema, fino a quella decisione scioccante ed irreversibile, che sconvolge e fa riflettere, che fa certamente discutere, contrapporre e dividere tra favorevoli e contrari, ma che nel suo Paese è rispettata e consentita.
Accade in Belgio, dove una ragazza di appena ventiquattro anni, nel pieno della sua giovinezza, ha chiesto di essere sottoposta all'eutanasia in quanto affetta da un male implacabile ed incurabile che non consuma il suo corpo, bensì la sua anima, la depressione.
Una malattia che lei stessa racconta nel corso di un'intervista ad alcuni quotidiani locali, ripercorrendone le tappe fondamentali, dall'infanzia, durante la quale sono comparsi i primi sintomi, fino al ricovero, appena ventunenne, in una clinica psichiatrica, dove tuttora vive. Descrive nel dettaglio anche i vani tentativi di uscirne, la sua battaglia persa contro un mostro invisibile che talvolta non perdona.
Da qui la scelta estrema, dopo diversi tentativi di suicidio ed altrettanti episodi di autolesionismo, di avvalersi di quello che in Belgio è un diritto: l'eutanasia.