Giornate di attacchi e bombardamenti della Turchia nei confronti del YPG in Siria, con l'obiettivo di costringere alla ritirata ad Est del fiume Eufrate i curdi-siriani.
Raid aerei e carri armati impegnati contro le postazioni curde hanno causato la morte di almeno 40 civili. Come contro mossa, alcuni razzi dell'YPG hanno erroneamente avuto come bersaglio l'aeroporto di Diyarbakir (il reale obiettivo dell'offensiva curda erano zone militari).
Offensiva quella turca che non è piaciuta per niente agli Usa che si sono dichiarati profondamente preoccupati per questi attacchi, ritenuti inaccettabili, in un territorio in cui non è presente lo Stato Islamico.
Non è certo la prima volta che Stati Uniti e Turchia nell'ultimo periodo sono arrivati a scontrarsi così a muso duro: la principale di queste situazioni è probabilmente l'ultimatum di Erdogan agli americani per l'estradizione del ricercato numero uno del fallito golpe, Fethullah Gulen.
La posizione statunitense sulla questione curda
Dopo un iniziale appoggio, dovuto principalmente al mantenimento di un equilibrio in una zona così delicata, al governo turco sulla questione dell'ultimatum al ritiro dell'YPG oltre il fiume Eufrate, è arrivata successivamente una potente accusa contro i missili di Ankara verso le postazioni curde.
"Non siamo stati coinvolti in queste attività e nemmeno le sosteniamo. Invitiamo al tempo stesso tutti gli attori armati a prendere iniziative appropriate per fermare le ostilità e aprire canali di comunicazione, concentrando tutti gli sforzi sullo Stato Islamico, che rimane una minaccia letale e comune", il tweet di Brett McGurk, inviato speciale del governo di Barack Obama per la lotta all'Isis.
Tensioni forti al confine turco-siriano
Sembra debba accendersi da un momento all'altro la miccia tra turchi e curdi-siriani, la tensione è alle stelle e l'impressione è che tutto possa esplodere da un momento all'altro creando non pochi problemi per tutta l'area di riferimento.
"L'YPG svolge una vera e propria pulizia etnica nei territori che controlla".
Le parole di Mevlut Cavusoglu, ministro degli esteri di Ankara, suonano come una bomba in mezzo ad un conflitto in continuo movimento.
Notizia poi smentita invece da un portavoce curdo in Siria quella secondo cui erano in arrivo rinforzi a Manbij, città liberata dalla coalizione internazionale con a capo gli Stati Uniti. Un eventuale arrivo di uomini nella città avrebbe aperto un ulteriore campo al conflitto con i turchi dopo il loro ultimatum di ritirare le milizie curde ad est dell'Eufrate.