Tutti condannati a pene più o meno pesanti, ma meno di quanto richiesto dall'accusa. Tutto questo perché i giudici non hanno riconosciuto l'aggravante dell'associazione mafiosa. La sentenza di Mafia Capitale, processo che ha condannato i protagonisti della lunga stagione del malaffare romano, è destinata a far discutere ancora a lungo, soprattutto perché a questo punto il tema stesso dell'intricata vicenda è diventato 'NON Mafia Capitale'.
Parecchi i commenti politici, indipendentemente dal colore, avversi alla sentenza e, tra questi, va certamente sottolineato quello della presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi.
'In Italia si fatica a capire cos'è la mafia'
"In questo Paese si fatica ancora a capire cos'è la mafia - ha sottolineato Rosy Bindi - eppure le mafie a Roma coesistono grazie ad un patto di non belligenza stipulato con la garanzia della Banda della Magliana. Non dimentichiamici di Ostia - aggiunge - commissariata per mafia. Pertanto anche il Mondo di mezzo di Carminati e Buzzi è mafia". La presidente nazionale dell'Antimafia auspica pertanto un ricorso in appello da parte della Procura.
"Aspettiamo le motivazioni della sentenza per comprendere cosa sia accaduto. Credo che riconoscere la mafia in sede giudiziaria sia sempre difficile". Rosy Bindi fa un rapido excursus storico sul riconoscimento di 'mafia' in sede giudiziaria. "Il reato è stato introdotto nel 1982, ci sono volute le morti di Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa, così come dieci anni dopo ci sono volute le stragi di Capaci e Via D'Amelio per il 41bis. Oggi sappiamo che le mafie esistono anche al di fuori di Sicilia, Calabria e Campania".