Il maschio non è cambiato, la politica nemmeno: Le Pen, Merkel, May da un lato. Trump, Kim Jong-un, Macron dall’altro.

Sei nomi della politica internazionale, tutti tranne uno saranno a capo di uno stato. Li differenzia il sesso, il genere, li accomuna il poco coraggio invece. La politica è un campo ancora prettamente maschile e maschilista, inutile sperare che sia in atto un vento di rivoluzione.

Il cambiamento non lo si detta mai dall’alto ma sempre da spinte di movimenti che accumulano.

In Italia, la disperazione di fronte al genocidio femminile e la forza delle donne che non si arrendono sta producendo ottimi risultati, grandi tavole rotonde, imponenti assunzioni di coscienza da parte di molte, ed un avvicinamento sincero anche di molti.

Siamo onesti, il patriarcato non è terminato. Le donne in politica oggi vengono ospitate dalla pietà che ha generato le quote rosa, una delle sciocchezze più discriminanti che esistano. Ricordiamoci sempre che l’uguaglianza, e con essa la parità di genere, non si dà sul risultato, ma la si vede ai nastri di partenza, se tutti e tutte hanno davvero le stesse possibilità.

Questa è la parità sostanziale che è ben altra cosa da quella formale, che viene venduta sui divani dei salotti e nei sondaggi.

In Europa, continente che rivendica da sempre un ampio retroterra di diritti, garanzie e progresso perpetuo, si esultava alcuni giorni fa perché l’Islanda aveva parificato le condizioni salariali fra uomini e donne. Nulla di strano, ci sarebbe da brindare in effetti, se non fosse che è il primo stato a farlo, e siamo nella civile e progredita Europa nel 2017.

Voglio dire semplicemente che non bisogna lasciarsi trarre in inganno. Se le donne che hanno lottato in vita e fino alla morte col loro sacrificio, vedessero la May, la Merkel o la Le Pen, non sarebbero certo fiere del tempo speso, non per loro.

Perché occupare un posto di rilievo nello scacchiere internazionale ha senso per una donna se sa ascoltare le donne.

Donne che odiano le donne che amano le donne

Marie Le Pen eredita un partito fascista di un padre fascista, con cui ha rotto familiarmente e da cui vorrebbe prendere le distanze politicamente nell’immaginario per essere presentabile, eleggibile. Perché in Francia non eleggeranno mai un fascista. E così lei donna, protettrice del focolare della famiglia tradizionale, figura di rottura col passato, ma anche di sicurezza, è un’ottima mossa di marketing politico.

Anche la Merkel ai tempi fu quella figura che doveva riaddrizzare un partito in calo, riprendere le redini di una Germania che fosse solida, che desse un’immagine di stabilità e quiete, e lei, signora placata e di acciaio, era la donna giusta al momento giusto.

Ma oltre i numeri, gli spread, i tassi, non si è spinta, nulla di coraggioso sulla questione di genere è uscito dalla bocca della cancelliera.

Idem con patate è stato fatto con Theresa May, una seconda Thatcher che verrà arginato dall’Unione Europea, chiamato a tessere le fila quando la partita era diventata troppo difficile. E gli uomini in quei casi lasciano che ad occupare la poltrona del fantoccio o del rischio siano le signore, più abituate da secoli di fatica a saper sorreggere il mondo sulle spalle. Loro si prestano al gioco, purtroppo, e non aiutano i milioni e milioni di donne che sono esauste dei femminicidi, delle prepotenze, dell’invisibile handicap di partenza. E noi uomini dobbiamo imparare tanto, studiare altrettanto, saper ascoltare senza pensare di poter capire perché a volte si può immaginare, ma capire è un’altra cosa.

Ma accompagnarsi nel viaggio lo si può fare in tante differenti posizioni.

Dell’Italia non parlo, visto che l’ex premier Berlusconi ci ha dato mostra di come allevare ministre che mercificano i corpi delle donne come fossero vacche da riproduzione. E poi, l’immagine della giovane vicino all’attempato che gli regalava l’ammirazione di una parte del paese, invidioso e zelante.

La stessa parabola l’ha messa in mostra un mostro molto simile ma meno scaltro forse, però ben più pericoloso, Donald Trump, ossia il presidente degli Stati Uniti. Sua moglie è un’affascinante donna molto più giovane di lui. Lui è l’uomo forte, che ha scippato alla Clinton il voto di molte casalinghe, che con lui si sono sentite in sicurezza, il maschio Alfa colpisce ancora.

In un modello dove senza accorgercene, cadiamo in stereotipi preparati e riproposti in salse multiforme.

L’eccezione la fa Macron, dove il sessismo si aggroviglia e fa il giro contrario. Lui fa scalpore, non per la vigliaccheria con cui si vocifera della sua omosessualità, ma perché accompagnato da una donna molto più grande di lui. Non lo voterei mai, come non voterei Le Pen, ma trovo di un abominio questo teatrino intorno alla coppia che fa rabbrividire. Lui non è un mito, un uomo da emulare, è uno strano, uno che non si capisce perché sta con lei se può avere un arem, un alieno. Io non penso granchè bene di lui, lungi da me la difesa politica o personale di Macron, ma fa abbastanza arrabbiare il fatto che la compagna che gli sta vicino non sia considerata mai una donna, un essere umano, bensì un suppellettile, un sopramobile.

Ed in più, se “vecchia” come lei, anche fonte di vergogna, disagio o stranezza. Ecco dove risiede ancora la radice patriarcale di un sistema che non è cambiato, ecco dove senza saperlo noi uomini tutti i giorni accompagnamo all’altare dello stupro le donne dalle “gonne troppe corte”.

Forse il circense Kim Jong-un, dittatore nordcoreano che non disdegna tigri che mangiano parenti, e uomini missile che si afflosciano nel mare, è il politico più sincero. Lui fa come dice lui, non maschera nulla: la donna rimane a casa e non ha ruoli di potere e punto. Mai visto una donna a capo delle sue parate militari? Mai una al suo fianco in posti di potere? No, lui non porta la maschera. Scherzi a parte, credo che dovremmo imparare noi uomini ad ascoltare e lasciarci condurre su un sentiero che a molti sembra senza senso, che non capiamo.

Ed è quello il bene e il segreto del cambiamento, non possiamo capirlo all’inizio.

Ma forse per fare questo ci vuole molto coraggio, perché come dicevo la questone di genere si risolve se tutte e tutti hanno le stesse possibilità ai nastri di partenza, non facendo vedere solo la punta di un iceberg che è poi sorretto da un enorme muscolo gonfio. Però, forse, di gareggiare, condividere, lottare e giocare ad armi pari, abbiamo un po' paura noi uomini. In fondo se da qualche millennio ci difendiamo con l’attacco, anche lo psicologo più spicciolo potrà dirci il perché.