Un bel giorno, non si sa bene come, non si sa bene quando (ma è lecito, poi, farsi domande simili se si sta parlando dell'avvenieristico universo della moda?) si è sparsa la voce che in passerella tutto è possibile. Tutto è irriverentemente e assolutamente concesso. Così le gonne si sono accorciate, poi allungate, poi rimpicciolite di nuovo. Le magliette bianche sono passate dall'intimità del sottogiacca al contatto diretto con il mondo esterno, i maxi dresses della nonna hanno lasciato spazio ai tubini attillati, i tacchi alti sono diventati presto ballerine, e gli uomini hanno iniziato ad indossare prima i leggins, poi le borse, e, infine, per non farsi mancare nulla, hanno persino iniziato a camminare su vertiginose -quanto mai scomode- scarpe décolléte.
La moda è sempre stata sinonimo d'irriverenza, innovazione, l'ultima, sfrontatissima, frontiera della ambiziosità. Ieri ci incitavano ad uscire di casa con le calze a rete smagliate, oggi, le più temerarie si aggirano per strada indossando pantofole con gli interni di pelliccia. Perché? vi starete giustamente chiedendo. Perché è così. Lo vuole la moda, lo vuole gucci, Kim Kardashian, la Ferragni di turno o Cristian Dior.
#GucciFW2018: tra teste mozzate, passamontagna e cuccioli di drago addormentati
Insomma in un epoca in cui le più grandi firme ci ripropongono, stagione dopo stagione, trends ai limiti dell'indossabilità, in cui, ormai, dovremmo essere pronti a tutto e nulla dovrebbe sconvolgerci più del dovuto, com'è che ha destato così tanto scalpore vedere un paio di teste mozzate sfilare, qua e là, sulla passerella proposta da Gucci per la Fashion Week di Milano?
E, soprattutto, com'è che i primi a storcere il naso sono stati proprio gli esponenti più illustri del settore, mentre, invece, la rete ne è rimasta letteralmente fulminata, al punto, da continuare a mostrare apprezzamenti social per le foto di questa sfilata?
Com'è? Tutto d'un tratto, gli stilisti sono diventati puritani? Voltano le spalle all'innovazione? Hanno forse tirato i remi in barca in fatto d'emancipazione? E non veniteci a dire che Giorgio Armani non era stato messo al corrente del fatto che, sì, anche le sfilate, anche lo stra-patinato mondo del fashion e della moda in generale, stia subendo il fascino dell'avanguardia, il fenomeno irreprensibile della digitalizzazione.
Stile rinnovato: Gucci "instagrammabile" e a prova di Millennials
Pensateci: ma quanto è in grado di catturare l'interesse della rete l'immagine di una modella che porta a mo' di borsetta il doppione della sua testa, una testa identica al suo volto, però di silicone, mozzata e, a suo modo, tremendamente elegante? Oppure: un utente medio, uno svogliato qualunque, se ne sta lì, sfoglia distrattamente l'home page di Instagram quando, boom: improvvisamente, a bucare lo schermo del suo cellulare, ci pensa la foto di un cucciolo di drago stretto tra le braccia di una donna tutta velluto nero e un numero spropositato di lustrini.
Innovativo, irriverente, esplicito, geniale: Alessandro Michele, direttore artistico di Gucci, ha fatto centro, non c'è altro da dire.
Trovando il giusto compromesso tra il gusto per l'assurdo della generazione Y e l'audacia sempre attuale propria della moda, il noto marchio italiano ha saputo rinnovarsi, ancora una volta, e l'ha fatto in grande stile. In grande stile Millennials, vale a dire, instagrammabile, iconico e d'impatto. Chapeau caro Gucci, ottimo lavoro!
Tutto il resto, l'indignazione, il clamore, il disappunto di Armani, il finto risentimento per le scelte stilistiche operate da Michele, ci fanno fare un salto nel passato, riportandoci a tantissimi anni fa, quando, in un clima ostico e frenato, c'era chi aggrottava la fronte alla vista della prima minigonna. Ma questa moda un po' giudiziosa, un po' antiquata è ormai archiviata: dopotutto, nel nostro ieri, era già stata ampiamente superata.