Una recente notizia di cronaca ha portato a conoscenza dei cosiddetti “blog pro ana”, siti internet in cui ragazze e ragazzi affetti da anoressia possono parlare con altre persone che soffrono dello stesso disturbo. L’intento non è però quello di condivisione e supporto terapeutico ma anzi, l’esatto contrario.

Iniziamo però a definire che cos’è l’anoressia: secondo il DSM 5 (il manuale diagnostico dei disturbi mentali) si tratta di un disturbo caratterizzato da tre elementi principali: restrizione dell’assunzione di calorie che portano ad un peso corporeo significativamente basso; la paura intensa di aumentare di peso; un’eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima.

Si tratta di un disturbo molto serio che colpisce soprattutto in età adolescenziale e che porta a ricadute, cronicità e, nel peggiore dei casi, a morte. Numerosi fattori scatenanti sono stati associati all’anoressia ma la verità è che non possiamo rintracciare con certezza una causa scatenante, poiché spesso è data un insieme di più fattori.

Vogliamo dunque concentrarci sui alcuni pericolosi comportamenti che portano invece al mantenersi e cronicizzarsi di tale disturbo tra cui i sopracitati “Blog pro ana”.

Ma cosa accade, dunque, all’interno di questi blog? I partecipanti si rinforzano a vicenda nel mantenere comportamenti di restrizione alimentare e sintomi anoressici.

Nello specifico vengono forniti consigli su come non prendere peso, non mangiare od espellere cibo, rinforzando gli sforzi tramite la pubblicazione di immagini, spesso photoshoppate, di corpi magri e perfetti, a cui aspirare.

Un caso di cronaca

Questo l’incubo in cui è caduta Caterina, una ragazzina di appena 15 anni di Ivrea, che a seguito di alcuni atti di bullismo vissuti in classe aveva iniziato a manifestare i primi sintomi di un disturbo anoressico ed era intenzionata a perdere peso. Ha quindi cercato informazioni in internet su come dimagrire e la situazione è peggiorata quando è entrata in questi blog. In questo sito le ragazze (la maggior parte minorenni!) venivano indotte a perdere peso, convincendole a seguire una dieta particolare che comprendeva un massimo di 500 calorie al giorno.

Non solo, qualora le ragazze avessero ceduto al cibo, venivano spronate a vomitare per liberarsene, descrivendo nel dettaglio consigli e metodi su come farlo. Ma l’elemento forse più agghiacciante è stato il ritrovamento, da parte della madre di Caterina, di alcuni messaggi whatsapp che le venivano assiduamente mandati da una ragazza. La madre e la figlia hanno trovato la forza di denunciare questi terribili blog ai carabinieri, i quali sono intervenuti chiudendo i siti e rintracciandone i creatori. Inoltre la 19enne che istigava Caterina a non mangiare, è stata rintracciata e accusata di reati quali l’istigazione al suicidio e lesioni gravissime, una denuncia del tutto nuova sul panorama del web italiano.

Dobbiamo dunque incolpare le tecnologie per la caduta di alcune adolescenti nella trappola della malattia?

L’anoressia esiste da moltissimo tempo, non possiamo certo cercare i colpevoli della sua nascita nei blog pro ana o nelle immagini dei mass media. Tuttavia le nuove tecnologie hanno sicuramente semplificato l’accesso ad informazioni pericolose ed all’incontro in rete di persone che possono nuocere alla propria salute, mentale e fisica

Quello su cui dobbiamo riflettere è il ruolo che questi blog ricoprono nella vita di ragazze e ragazze che stanno soffrendo. Cosa offrono questi siti che i ragazzi non possono trovare fuori?

L’anoressia è forse una delle malattie mentali più visibili dall’esterno, il corpo emaciato non lascia spesso dubbi anche a chi non è esperto in materia.

E, proprio l’estrema visibilità della sofferenza che quella persona sta attraversando, purtroppo porta all’isolamento dalle altre persone, alla chiusura in se stessi, alimentando i pensieri ossessivi ed il proprio malessere. Questo uno dei motivi del successo che sembrano avere i terribili blog pro ana, permettendo di uscire da questo isolamento e di condividere un malessere troppo forte da portare da soli e che invece, troppo spesso, rende tali. Qui rientra l’importanza di internet, la condivisione del proprio mondo interno, spesso in anonimo, nella speranza di renderlo più gestibile e meno soffocante.

Ma l’accesso alle informazioni sul web possono anche avere effetti positivi, Caterina ad esempio ha potuto divulgare la sua storia aiutando forse altre ragazze a trovare la forza di parlare, o genitori a guardare maggiormente alcuni segnali di allarme nei figli.

In internet si possono anche trovare informazioni per avere aiuto, cercando ad esempio centri specialistici o professionisti in grado di aiutarci quando ne sentiamo il bisogno. Non bisogna quindi demonizzare le tecnologie o pensare che la soluzione possa essere quella di eliminarle dalla vita dei giovani, sarebbe estremamente irrealistico e poco funzionale. I ragazzi e le ragazze che vi entrano stanno già male, i blog pro ana peggioreranno sicuramente la situazione ma portano alla luce l’isolamento in cui già facciamo vivere chi soffre e la spinta che diamo loro, proprio verso tali siti.

La cosa che quindi sicuramente va fatta, è vigilare sull’uso che gli adolescenti fanno delle tecnologie, appoggiandoli quando le usano in maniera corretta e tutelandoli quando invece diventano pericolosi. Ma soprattutto, non lasciare solo chi soffre ma fornendo loro aiuto, proprio come ha fatto la madre di Caterina, in una storia che per fortuna ha avuto un lieto fine.