Una tranquilla giornata come le altre a Parkland, in Florida. Almeno, fino all'ingresso a scuola di Nicolas Cruz, soprannominato "Nick" dagli amici. Il giovane, armato di fucile AR-15, ha aperto il fuoco sui compagni e sui docenti, uccidendo 17 persone e ferendone decine. Dapprima incensurato, il ragazzo ha stamattina confessato, descrivendo la propria storia e gli orribili pensieri che lo hanno portato a compiere un simile massacro.

Una vita travagliata

Sostenuto dall'amore dei genitori Roger e Lynda Cruz, il giovane Nicolas ha sofferto fin da bambino per la morte del padre Roger, avvenuta prematuramente.

La madre Lynda è mancata lo scorso autunno, costringendo l'allora minorenne Nikolas ad essere adottato dai genitori di un compagno di scuola. La morte di suo padre e sua madre ha dato così inizio a un periodo di anni scolastici difficili, conclusi con la sua espulsione dalla Marjory Stoneman Douglas High School.

Un ex compagno di classe, cresciuto con Cruz, lo ha descritto come "molto, molto strambo". Anche un altro compagno di scuola, Brody Speno, ricorda Nicolas come un ragazzo non esattamente lucido. "Qualcosa non andava in lui [...] era fuori di testa", ricorda Speno. Lo studente intervistato ha dichiarato di conoscere Nikolas sin dalle elementari. Appare chiaro quindi come il profilo psicologico del killer lo facesse apparire come "instabile" da parte dei coetanei.

Sono ancora molte e varie le storie di testimoni e conoscenti, che lo ricordano come un bambino turbolento che insultava gli amici, lanciava sassi contro le macchine, tormentava gli animali. Per non parlare poi dei problemi con forze dell'ordine, che contano 39 richiami contro di lui in un periodo di sette anni. Che sia vero, allora, definire un soggetto disturbato in base alle sue azioni passate?

La passione per le armi da fuoco

Il discorso sul commercio delle armi, ancora una volta, riprende vita negli USA, specialmente in seguito al ragionamento trattato secondo cui un killer si forma in base alle sue esperienze vissute. Non sono pochi, infatti, i vicini che lo ricordano come appassionato del tiro al bersaglio, dapprima con un'arma giocattolo, poi con una semi-automatica.

La testimonianza di una vicina di casa racconta come, certe volte, osservasse Nikolas sparare in cortile a bottiglie e lattine; e ancora più raccapricciante è il proseguimento della storia: ovvero i momenti in cui il ragazzo, accorgendosi di essere osservato dalla vicina di casa, puntava "per gioco" la pistola carica verso di lei.

Alcuni dei comportamenti più allarmanti di Nicolas sono stati esposti online da lui stesso. Aveva due account su Instagram in cui esponeva scatti di armi da fuoco. In una foto indossa un fazzoletto sul viso e un cappello recante la scritta "Make America Great Again". Un'altra foto lo vede reggere una semi-automatica mentre guarda il vicinato dalla finestra.

Gli aneddoti verificati dalle forze dell'ordine formano una lista non da poco, comprendente per la maggior parte i social network.

Questa estate, per esempio, il ragazzo ha scritto un commento online in risposta alla storia di un medico scontento a New York, che ha usato un AR-15 per sparare a sette persone, uccidendone una e ferendone altre sei. "Amico, posso fare molto meglio", ha scritto il giovane Nicolas.

A questo punto pare chiara la connessione tra la passione per le armi da fuoco, l'esistenza travagliata e l'orribile atto finale compiuto dal ragazzo. Eppure i dubbi restano ben saldi: perchè se è vero che alcune idee possano ispirare alla violenza verso il prossimo, allora dove si trova la sottile linea che separa il pensiero dall'atto, la sanità mentale dalla follia omicida? Gli interrogativi restano, sia chiaro. Ciò che queste storie inquietanti raccontano, invece, non fanno altro che confermare le convinzioni che hanno portato un adolescente irrequieto ad uccidere 14 amici e 3 insegnanti della sua scuola.