Sembrava impossibile rielaborare in pellicola l'estro creativo e la vita di Fabrizio De André, l'indiscutibile poeta musicale che ha lasciato un segno indelebile nella storia del cantautorato mondiale. Una sfida da far tremare i polsi a tutti gli amanti della buona musica, dunque, quella messa in atto da Luca Facchini, regista del film Fabrizio De André. Principe Libero, già presentato in anteprima nelle sale cinematografiche tra il 23 e il 24 Gennaio e che, suddiviso in due puntate, andrà in onda da domani, su Rai 1.

Luca Marinelli è Fabrizio De André

A vestire i panni del mostro sacro della musica italiana è Luca Marinelli, classe 1984, il cui talento è stato già riconosciuto e apprezzato dal mondo cinematografico per le sue interpretazioni magistrali, come quella che l'ha visto protagonista nei film Lo chiamavano Jeeg Robot e Non essere cattivo. Tra le reticenze e le prime perplessità, probabilmente sollecitate dall'impresa, potremmo dire, titanica proposta da questa pellicola (192 minuti forse non bastano, ma, a conti fatti, non ne basterebbero neppure il doppio per poter rendere giustizia all'autore) o forse, per l'accento romano troppo marcato dell'attore, alla fine Marinelli stupisce e convince, pur non essendo, poi, fisiognomicamente del tutto somigliante al grande De André.

La musica di Faber

Il volto fresco, le movenze gentili e le interpretazioni canore di Marinelli si confondono, così, con il ricordo sempre vivo del cantautore, che fu al contempo enorme e inquieto, indispensabile e restio, nel tentativo di raccontare quanto di bello e di indimenticabile ha regalato a noi tutti l'esistenza lieve e breve di Faber. Dal difficile rapporto con il successo, ai discorsi profondi in apertura dei concerti, dalle amicizie indissolubili (come quella con Luigi Tenco e Paolo Villaggio), all'amore fin troppo chiacchierato che l'ha visto legato alla figura di Dori Ghezzi: sono tanti i punti toccati dall'accurato biopic diretto da Facchini che, a suo modo, riesce a raccontare le mille sfaccettature di un'artista complesso, indispensabile e unico nel suo genere.

Eppure, per quanto la ricostruzione della vita di Faber sia fedelmente riportata sullo schermo, per quanto il film in sé non deluda in alcun modo le aspettative, ciò che più di ogni altra cosa colpisce e lascia il segno, è, ancora una volta, la musica e l'insostituibile voce di Faber, la quale, in virtù di questo doppio evento televisivo, può in qualche modo raggiungerci ancora, rompendo il silenzio di quell'assenza assordante che, ormai, a quasi 20 anni dalla sua morte, continua a destabilizzarci il cuore.