Il 12 novembre 2016, al Teatro Comunale di Pontevico (BS), è andato in scena "Il rompiballe", commedia brillante di Francis Veber. L'autore è noto anche per aver scritto e trasformato in film un'altra pièce comica, "La cena dei cretini" (1998). "Il rompiballe", invece, è stato portato sul grande schermo sia dal regista Edouard Molinaro (nel 1973) che da Billy Wilder, stavolta col titolo "Buddy Buddy" (1981).

A Pontevico, l'organizzazione dello spettacolo è toccata all'Associazione per il Teatro "Le Muse". Per puro caso, quasi omonima era la compagnia andata in scena: La Compagnia delle Muse, appunto, di provenienza cremonese. Oltre che della recitazione, quest'ultima si è occupata della scenografia. I costumi e la regia erano, invece, di Emanuela Soffiantini.

La trama

In una città americana degli anni '60, arriva Ralph: un killer professionista ingaggiato per colpire un governatore durante un corteo in suo onore. Questo incarico dovrebbe essere l'ultimo, prima del ritiro a vita agiata. Fallire significherebbe trovarsi stretto fra la polizia e i committenti dell'assassinio, certamente più severi della "giustizia regolare".

Per essere certo della riuscita, Ralph prenota una stanza d'albergo che dà proprio sul viale del corteo. E' piuttosto sicuro del fatto suo: un professionista come lui non può fallire. Ma non ha fatto i conti con l'imprevedibilità della vita. La sorte, infatti, gli manda incontro sia una cameriera appiccicosa, sia - peggio ancora - un personaggio già protagonista de "La cena dei cretini": François Pignon.

Costui ha prenotato la stessa camera con tre settimane d'anticipo, per incontrarvi la moglie Sylvia: un disperato tentativo di riconquistarla, dopo che lei è scappata di casa. Fatica inutile: la donna, ormai, convive con lo psichiatra che ha curato la sua depressione. Ma questo non significa che Pignon demorda.

Ralph deve assolutamente liberarsi di lui prima che passi il governatore...

Equivoci e (normale) follia

Trasferire l'ambientazione dalla Francia agli USA. sembrerebbe quasi un ammiccamento alla più controversa attualità. Di sicuro, dona alla commedia un tocco di "gangster movie" che non guasta. Ottimo l'accompagnamento musicale delle scene: dai brani hard rock (quasi metal) che sottolineano le azioni di Ralph alla canzone d'amore che saluta l'entrata di Sylvia (dopo essere stata ripetuta "ad nauseam" da Pignon).

Certamente ottima la scenografia: una credibilissima camera d'albergo, con tanto di "Marilyn Monroe" di Andy Warhol e tapparella funzionante (centrale per lo svolgimento dell'azione scenica).

Ma il meglio, naturalmente, è stato apportato dalla recitazione e dai contenuti. Una coordinazione vivace fra gli attori ha scandito le scene.

Veber mette in mostra il tragicomico quotidiano. Un killer, per un banale incidente d'albergo, si trova a far da crocerossina a un depresso. Quest'ultimo, dopo tentativi di suicidio improbabili, scopre che il rivale in amore non è poi così diverso da lui. Il mito dell' "uomo che non deve chiedere mai" è messo in crisi dalla volubilità di una Sylvia che non è meno "borderline" dell'ex-marito. In questa gabbia di matti, risultano false e risibili le certezze dello psichiatra.

In tutto questo, di tragico c'è solo l'impotenza dell'uomo ragionevole di far fronte ai "caratteri impossibili". La "normale follia" dei rapporti umani si prende gioco della malavita, della polizia e della medicina, con un gioco che fa ridere a denti stretti.