Parigi - Ricominciano oggi le operazioni di sgombero della parte sud della "giungla di Calais" interrotte ieri a causa degli scontri tra polizia, attivisti no-border e migranti. Le autorità francesi ritengono che circa 1.000 migranti saranno interessati dal piano di sgombero, mentre le agenzie umanitarie dicono che il numero di persone che vive lì è molto più alto. Secondo fonti della BBC, durante la notte la polizia antisommossa ha sparato gas lacrimogeni contro i migranti che stavano lanciando pietre alle squadre di demolizione.

I media francesi riportano inoltre che circa 150 persone, armate di bastoni e spranghe di ferro, siano andate per strada bloccando i veicoli di passaggio.

Circa 100 baracche sono state smantellate il lunedì e le autorità francesi vogliono che i migranti si spostino nei container in un'altra zona del centro, ma molti si rifiutano temendo che questo li obblighi a richiedere l'asilo politico in Francia rinunciando così al loro sogno di arrivare in Gran Bretagna.

A casa piuttosto che vivere nella "giungla" 

Da un'intervista di 'LeFigaro' ad alcuni migranti residenti nella giungla, si evince come molti di loro vogliano tornare al loro paese.

È il caso ad esempio di Nasrat, 25 anni, nella sua tasca solo un documento dell'ufficio francese per l'immigrazione e l'integrazione: in caso di controllo, questo documento dimostra che è impegnato in un processo di "ritorno volontario assistito". Il suo volo è imminente. All'inviato del giornale transalpino, Nasrat dichiara che dopo sei mesi di vita nella giungla di Calais si sente morire lentamente ed è per questo che ha preso la decisione di tornarsene in Afghanistan il più presto possibile. Nasrat non vuole perdere altro tempo in Francia e dice di aver commesso un errore ad essere arrivato fin lì e che preferirebbe starsene a casa sua, nonostante la presenza dei talebani. 

Nasrat è appena uno dei tanti migranti bloccati a Calais che chiedono di beneficiare del ritorno volontario assistito.

Dall'inizio dell'anno, l'Ufficio francese per l'Immigrazione e l'Integrazione (OFII) ha registrato un drammatico aumento delle richieste. Nei primi due mesi del 2016, l'ente pubblico ha registrato e trattato 54 casi di rimpatrio assistito. Si pensi solo che in tutto il 2015 avevano fatto richiesta appena 38 persone.