Diego Dzodan, vicepresidente di Facebook per l’America Latina, è stato arrestato martedì 1 marzo a San Paolo, in Brasile. Il capo d'imputazione consiste nella mancata collaborazione nel fornire conversazioni di Whatsapp in merito ad un'indagine sul traffico di droga. Secondo fonti brasiliane, l’arresto è stato effettuato sotto mandato di cattura emesso da un giudice dello stato di Sergipe (Nord-Est brasiliano).
Il giudice brasiliano aveva chiesto a Facebook di poter accedere agli account dei trafficanti e di poter verificare il contenuto delle loro conversazioni su WhatsApp, applicazione di proprietà di Mark Zuckerberg dal 2014. Ripetutamente, le autorità del paese sud americano hanno rinnovato la richiesta di accesso ai dati, condannando anche l’azienda a pagare una multa di circa 11.500 euro al giorno, ai quali sono stati aggiunti altri 230.000 euro per il mancato pagamento.
Facebook: la reazione del social network
Immediata la risposta di Facebook, che in un comunicato stampa ha definito la decisione del giudice brasiliano di arrestare il vicepresidente Diego Dzodan "eccessiva e sproporzionata” per un caso che riguarda WhatsApp, che opera separatamente rispetto al social network.
Anche l’ufficio stampa dell’app di messaggi istantanei ha rilasciato una comunicazione, affermando che sono stupiti dalla reazione estrema presa dagli organi di sicurezza brasiliani, e informando che WhatsApp non ha fornito quelle informazioni, semplicemente perché non le possiede. L'azienda si è detta disposta a collaborare al massimo per risolvere il caso, sottolineando che, nonostante rispettino le decisioni della magistratura, dissentono da questa decisione.
Facebook Vs Brasile
Non è il primo caso in cui la magistratura brasiliana si scontra con il social network. Lo scorso dicembre, un giudice dello stato di San Paolo, aveva richiesto ed ottenuto il blocco per 48 ore di WhatsApp per un’altra indagine sulla droga.
Anche in quell’occasione Facebook si rifiutò di trasferire le informazioni richieste dalle autorità giudiziarie, e il blocco fu la sanzione ordinata dal giudice. Un altro caso è avvenuto a febbraio del 2015, quando un giudice del nordest chiese il blocco dell’applicazione per spingere Facebook a collaborare con la polizia per garantire l'accesso a dei dati personali, nell'ambito di un'indagine su alcuni pedofili che agivano online.
Altri casi
Nel 2012 un provvedimento simile a quello che ha interessato il vicepresidente di Facebook per il Sudamerica, ha colpito il direttore generale di Google Brasile, Fabio José Silva Coelho, arrestato a San Paolo per disubbidienza alle autorità. Infatti, in quella circostanza la magistratura brasiliana aveva chiesto la rimozione di alcuni contenuti video su YouTube, riguardanti un candidato in un’elezione locale, che si riteneva "diffamato” dai contenuti dei filmati.