L’arresto in Brasile del vicedirettore di Facebook, Diego Jorge Dzodan, è un altro caso della disputa globale tra privacy e sicurezza. Dzodan si è rifiutato di consegnare il codice cifrato di un gruppo di Whastapp richiesto dalla polizia brasiliana. All’interno delle conversazioni della chat di gruppo ci sarebbero gli indizi per intercettare un carico di droga nella città di Lagarto.

Il giudice che segue l’indagine ha chiesto a Facebook il nome degli utenti della chat, ma il colosso tecnologico ha detto di no. La giustizia brasiliana ha applicato una multa diaria di un milione di reales (circa 250 mila dollari), che trenta giorni fa è stata saldata da Facebook.

 Mentre negli Stati Uniti il governo è in tensione con il vertice di Apple per la negativa di consegnare i codici cifrati e così sbloccare l’Iphone del presunto terrorista di San Bernardino, Syed Farook, per accedere ad informazione riguardo all’attentato, in Italia gli investigatori hanno aggirato l’ostacolo tecnologico.

Apple non consente l’accesso ai telefoni, per cui le autorità che seguono il processo contro Alexander Boettcherper, conosciuto come l’aggressore dell’acido, hanno deciso di rivolgersi a una società specializzata nello sblocco degli smartphone.