Tutto sembra confermare quanto detto dal Ministro Madia a Radio Capital il 7 dicembre, quando ipotizzò la chiusura del primo rinnovo contrattuale nella Pubblica Amministrazione. Il Comparto a cui fanno riferimento le parole del Ministro della Funzione Pubblica è quello delle funzioni centrali, ma essendo la questione contrattuale collegata tra tutti i comparti, la firma anche in uno solo dei settori in cui è divisa la Pubblica Amministrazione apre le porte anche agli altri settori.

In pratica, se tutto andrà come il Ministro ipotizza, nel 2018 e dopo 8 anni di vuoto, i lavoratori statali avranno un nuovo contratto, con nuovi stipendi, nuove regole per assenze, permessi e così via e, probabilmente, degli arretrati per quanto riguarda le cifre mancanti in questi anni di buco contrattuale.

Contratto, una storia vecchia

Le regole per le assenze cambieranno così come quelle per i licenziamenti. Nelle ultime ore novità anche per i dipendenti che sul posto di lavoro subiscono molestie o per quei dipendenti che, per loro questioni personali, necessitano di maggiore flessibilità in quanto a orario di lavoro.

Tutte cose molto interessanti per i lavoratori che si vedranno cambiate regole che disciplinano il loro lavoro, con cui hanno avuto a che fare da sempre. La cosa, però, che interessa di più, raccogliendo il massimo dell’attenzione da parte dei dipendenti di tutti i comparti è sicuramente l’aumento di stipendio relativo alla perequazione. AI lavoratori il contratto risulta fermo alle cifre percepite 8 anni fa. In parole povere, dal 2009 gli stipendi dei dipendenti pubblici non sono mai stati adeguati alla sopraggiunta inflazione perdendo potere di acquisto. Nel periodo in cui il contratto non è stato rinnovato, ai lavoratori non è stata pagata nemmeno l’indennità di vacanza, cioè un aumento di stipendio pari a 30 punti percentuali del tasso di inflazione.

Con il Governo Monti e la Legge Fornero poi, il blocco diventò argomento da Corte Costituzionale. Il Decreto Salva Italia che obbligò al sacrificio, tra tanti, anche i lavoratori statali, confermò il congelamento dei contratti dei dipendenti pubblici per il biennio 2012-2013, ma questa volta, i giudici costituzionalisti hanno decretato l’illegittimità di questo provvedimento. Ecco perché siamo arrivati al punto in cui ci troviamo oggi, con il Governo che, una volta portata a termine la riforma delle PA, non può più temporeggiare e deve provvedere allo sblocco.

Aumenti e arretrati

Dopo la bozza di intesa tra Governo e sindacati del novembre 2016, la cifre di aumento pattuite erano 85 euro al mese.

Nella nuova manovra finanziaria e prima ancora nel Def, l’impegno del Governo al capitolo statali era quello di detonare il pericolo di far perdere il bonus Renzi da 80 euro proprio per via dell’aumento da 85 euro. Pericolo scampato, ma le cifre di aumento come più volte sottolineato da diversi sindacati, come l’Anief per la Scuola, sono largamente inferiori a quelle promesse. Questo in base ai soldi disponibili e continuamente implementati sia dal Def che dalla manovra che in questi giorni dovrebbe essere approvata. Si tratta di aumenti tra i 15 ed i 40 euro a testa per dipendente, poco quindi rispetto ad 8 anni di blocco, anche se a dire il vero la Consulta ha sancito l’incostituzionalità del blocco a partire dalla Legge Fornero e non precedentemente.

Lo sblocco comunque deve partire dal 2016, cioè da gennaio successivo a quello di emanazione della sentenza della Corte Costituzionale (uscita al luglio 2015). Ecco perché ai lavoratori spetterebbero arretrati che il Governo, in base alle cifre stanziate, dovrebbe coprire con un versamento una tanutm sullo stipendio intorno alle 500 euro a testa.

Novità normative

Dal punto di vista delle norme da applicare ai lavoratori, il nuovo contratto presenterà sostanziali novità, la maggior parte dei casi relative alla lotta agli assenteisti. Norme rigide su licenziamenti ed assenze, perfino quelle dei permessi per la Legge 104 che dovrebbero diventare programmati. Si dovrà per forza di cose organizzare le assenze per la 104 con gli enti, in modo tale da permettere a questi ultimi di organizzare la sostituzione dell’assente e garantire i servizi alle utenze.

Ai lavoratori con problemi personali o di famiglia verrà garantito un orario di lavoro flessibile. In pratica, permessi per chi ha figli minori che magari devono essere inseriti negli asili o anche a chi segue percorsi terapeutici per uscire da uso ed abuso di alcol o droga. La bozza di contratto che il 5 dicembre è stata presentata dall’Aran, come riporta Adnkronos, deve ancora essere accettata dalle parti sociali ed anche se si riferisce solo al comparto delle funzioni centrali, sarà probabilmente estesa anche a scuola, Forze dell’Ordine e sanità.