Pagavano gli uomini del clan Giannelli coi voucher comunali: questa in estrema sintesi è la motivazione per la quale, su proposta del ministro Minniti, il comune di parabita, nel basso Salento, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. La decisione del governo Gentiloni è di metà febbraio, mentre nei giorni scorsi è arrivata la firma al decreto di scioglimento da parte del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Una decisione che per il sindaco Alfredo Cacciapaglia è una vera e propria doccia fredda. Eppure le carte parlano chiaro e per il ministero dell'Interno, l'amministrazione comunale era diventata "una sorta di distributore a disposizione dell'organizzazione per le diverse tipologie di benefici ad essa assicurati".

Il primo caso dopo 26 anni

Non solo voucher, dunque, ma anche buoni lavoro, occupazioni abusive agevolate e quant'altro. Si tratta di un evento importante: da 26 anni, infatti, un comune del Salento non veniva commissariato, dopo essere stato sciolto per mafia. Gli ultimi casi sono infatti quelli di Surbo, a nord di Lecce, e Gallipoli, nel 1991, ma erano altri tempi: all'epoca la Sacra Corona Unita faceva ancora la voce grossa.

Il primo cittadino di Parabita però non ci sta e ha annunciato ricorso contro il decreto di scioglimento non appena sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Accusato di aver favorito i rapporti tra clan Giannelli e politica locale è il vicesindaco Giuseppe Provenzano, che nel dicembre 2015 è rimasto implicato nell'operazione Coltura, venendo arrestato.

Le accuse al vicesindaco Provenzano

Per Minniti, è "veicolo consapevole per favorire gli interessi criminali" e tale fatto sarebbe ad esempio comprovato da una foto pubblicata addirittura su Facebook, in cui l'esponente dell'amministrazione comunale viene immortalato insieme al figlio del boss Marco Giannelli. Stando alla relazione del Viminale, Provenzano sarebbe stato eletto anche grazie ai voti della malavita locale, che avrebbe poi festeggiato quell'elezione. Il vicesindaco avrebbe poi ricambiato dispensando assunzioni nella ditta che si occupava della raccolta dei rifiuti e "regalando" voucher per prestazioni lavorative mai effettivamente svolte.