Non si tratta dell'epica radiocronaca di Mario Ferretti al Giro d'Italia del 1949 all'inizio della Cuneo-Pinerolo: 'Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi'. Non rimanda ad una frase di ammirazione e di meraviglia, come il famoso ritornello 'Campioni del mondo' nella voce di Nando Martellini al Bernabeu di Madrid, ad elevarci sul tetto del mondo calcistico nei mondiali del 1982.

Sembra, ma non è, il contraltare all'affermazione 'Partito gestito con arroganza' di Massimo D'Alema, capo clan delle minoranze PD anti-Renzi nella recente convention romana, sempre pronto a remare contro, insieme a Pier Luigi Bersani, in un braccio di ferro verbale che non scalfisce minimamente la presa di mano sul governo. Un due contro uno che assomiglia sempre più ad vociare di sottofondo piuttosto che ad una denuncia ufficiale.

A pronunciare la frase è nientepopodimeno che la presidente Laura Boldrini, la comandante del Transatlantico (la famosa sala di palazzo Montecitorio, sede della Camera dei Deputati che presiede), nella consueta maniera garbata a difesa delle minoranze, al termine delle consultazioni per l'approvazione del Job Acts, puntualmente disattese dal leader maximo di palazzo Chigi.

Il tentativo andato a vuoto

L'ultimo a provarci, in rigoroso ordine temporale di apparizione, e non è una battuta come può sembrare, è stato Silvio Berlusconi; spalleggiato in salita dalla Lega Nord nel suo primo giro all'italiana, e spintonato fuoristrada in discesa dall'ex gregario Umberto senatur Bossi. Lo stesso Berlusconi che prima legittima la figura istituzionale di Renzi, concedendogli quell'appoggio determinante per la sua cavalcata solitaria, e che poi si avvita in un circolo vizioso sciogliendo unilateralmente il Patto del Nazareno. Con possibili ricadute su tutto il lavoro (non) fatto inerente alle riforme istituzionali.

Forza Italia che si spacca, all'interno della destra spaccata, e l'Italia ancor di più.

Il centrodestra riunito contro Renzi? Quantomeno un eufemismo, con Salvini e Zaia alle prese con la grana Tosi, esodato verso Passera, e con il ministro alle Infrastrutture Lupi, coinvolto nelle solite intercettazioni all'italiana sugli affari di famiglia, che si dimette per non amputare Angelino Alfano, il braccio destro di Renzi (ed il braccio un po' sinistro di Berlusconi).

Che Renzi sia, invece, l'unico a poterci provare lo si deve proprio alla deriva destrorsa oltreché ai sindacati sinistrorsi spuntati nelle loro armi più affilate: il lavoro che non c'è più e l'impresa che non ci sta più. Con le banche che sciolgono unilateralmente il contratto collettivo, la Fiat che saluta Torino e l'Italia, le associazioni industriali in emorragia sistematica.

Gli uomini soli al comando non indietreggiano né cedono il passo. La moderazione non gli appartiene. In politica possono fare, o disfare, ben più della presunta democrazia che li ha voluti. Il grimaldello che può scardinare il governo sembra ancora lontano dall'essere individuato. 'Io dittatore? Chi non decide è contro la democrazia'.

Così parla Renzi alla Luiss sulla deriva autoritaria. Perciò, senza voler scomodare l'affondamento del Titanic, il ben più famoso transatlantico di altri tempi e di altri luoghi, l'augurio al comandante Renzi è quello di non adagiare l'Italia su un fianco, nell'inchino continuo alla Merkel, come Schettino con la Costa Concordia. E che si ricordi, giorno per giorno, che l'Italia non è un gioiello inaffondabile per gli italiani che guardano quotidianamente ai bisogni. Non ai fabbisogni. Non certo più ai sogni.