Mettiamo che l'aver tirato fuori la questione del risarcimento dei danni di guerra sia stata un'abile mossa strategica per tenere vivi i toni del dialogo ed anche un modo per farsi sentire come voce del popolo, ma quanto evidenziato dal Tsipras ha di che meritarsi una riflessione. Voglio dire, la Merkel fa presto ad affermare "Voglio una Grecia forte economicamente", che è come dire "rimboccatevi le maniche abitanti della Grecia, bisogna lavorare, faticare, costruire o ricostruire come ha fatto la Germania che era completamente distrutta". Sì, però la popolazione greca potrebbe allora avvalorarsi del fatto che quando il nazismo decise di distruggere e conquistare tutto, loro, genti di sole e mare, avrebbero preferito continuarsi a godere l'estate.
Distrutti gli uni, distrutti gli altri, ma c'era chi lo ha voluto e chi invece, probabilmente, ed il condizionale diventa d'obbligo, ne avrebbe facilmente evitato le conseguenze.
Una Grecia forte economicamente. E gli stipendi? Riuscendo anche nel non facile impegno di diminuire fino a eliminare la disoccupazione, il discorso delle paghe mensili dei lavoratori come si potrebbe impostare? La Germania... sono bravi, diciamocelo, ci tengono a fare prodotti di qualità, che non si rompono, aumentando il prestigio dei marchi, contribuendo in modo significativo alla circolazione della moneta. Va bene, così i loro stipendi sono quelli che sono, tanto a loro andare in pensione o godersi la vita sono argomenti che seppur importanti ricoprono un ruolo prioritariamente declassificato.
Non ha tutti i torti, Tsipras. Se la sta giocando bene la sua parte, consapevole che restare in Europa tutto sommato continua ad essere un vantaggio. Sa farsi valere, e sa far valere le necessità della sua gente, forse anche mosso da uno spirito vero di buon patriota, che sa ancora valutarne la semplicità del dovere di vivere e che con autorevolezza e spirito di iniziativa, con aggiungerei anche un'eccellente dose di coraggio insieme al suo braccio destro dell'economia, si batte per un'ideale che gli appartiene e che come lui fa parte della realtà quotidiana di molti altri cittadini di Paesi della cosiddetta Europa, un continente che si è unito e continua ad unirsi disgregandosi sempre più.