Da ormai un po' di tempo balena nella nostra testa una domanda: ma a Roma c'è qualche dirigente onesto e tutto d'un pezzo? Perché viene seriamente da chiederselo e da pensarlo. Tra arresti, palazzi e polizze nell'ultimo periodo e successo un po' di tutto in quel della Capitale. Inutile dire che a farne più le spese sia stata la sindaca Virginia Raggi. Titoli di giornale, attacchi da avversari politici, ma anche dissidi interni.
Si sa, la stampa non perdona e svolge il ruolo sacrosanto di controllo del potere, ma se l'informazione avesse fatto le pulci in questo modo pure ad altre amministrazioni e forze politiche, forse non saremmo nelle condizioni in cui siamo. Utopia? No semplice voglia di sentire il sapore e l'odore di libertà di informazione, cosa un po' troppo sconosciuta dalle nostre parti. Ma tant'è.
Non regge però l'alibi del complotto, del vittimismo e della stampa tutta brutta e cattiva. Il punto, alla fine è davvero un altro. Se il Movimento 5 Stelle si ritiene diverso dagli altri deve dimostrarlo nei fatti.
Questi 8 mesi di giunta Raggi sono stati un susseguirsi di inciampi e di errori. Sicuramente commessi in buona fede e con ingenuità, ma l'urlo "Lasciateci lavorare e dateci tempo", per quanto sacrosanto, non basta. Soprattutto se si ha a che fare anche con nemici che si travestono da amici. Il pensiero va in primis ai dissidi interni. Perché anche il re degli stupidi e il capo degli idioti hanno capito che tra la sindaca e Roberta Lombardi non corre buon sangue. Quasi uno scontro tra due fazioni, che hanno dilaniato e distrutto l'M5S capitolino. E poi inutile nascondere la testa sotto alla sabbia. Il famoso Raggio magico sa tanto di gruppo di potere vecchia scuola, in cui ci sono in mezzo studi di avvocati ed elite dirigenziali.
Ed è qui che casca l'asino. Al processo su Mafia Capitale l'ex prefetto Gabrielli parlò di chiare infiltrazioni criminali nell'amministrazione. Difficile pensare che un'ex consigliera non fosse a conoscenza di queste parole. E allora perché fidarsi di persone perfettamente inserite nella macchina amministrativa? A Roma si dice Famo a fidasse, ossia fidiamoci gli uni degli altri. Chissà forse a Virginia Raggi non è balenata in testa la nostra domanda. Ma c'è un qualcosa che vorremmo dirle. In amicizia. In politica esistono prevalentemente due categorie di persone: i mascalzoni e gli stupidi. Se ci si fida dei primi si finisce irrimediabilmente per fare la figura dei secondi. Anche se lo si fa in buona fede. Il bello sta nel dimostrare che non si è come i secondi. Ma soprattutto che con i primi non ci si vuole avere più nulla a che fare. A lei il compito e il dovere di farlo.